Voglia di
sonno per una ragione troppo fredda. Aliena da quel voler essere dello spirito,
cui si rivolgono invece coloro che intraprendono questo post-newtoniano
cammino. I “suchende”, appunto, come li chiamerebbe quell’Hermann Hesse di un
“Siddharta” che non sembra davvero essere (mai) così lontano. Quei “cercatori”,
cioè, per i quali l’inquietudine stessa è già un trovare e trovarsi.
Viaggiatori dell’infinito orizzonte del sé, che sembrano aver scelto il Duemila
come meta della loro partenza, e che per questo si chiamano dentro quel
“fenomeno” ormai popoloso, affermato ma tutt’altro che sbiadito della New Age.
Una Nuova Era già densa di riti, suoni, personalità, esplosa anche
letterariamente, attorno al successo de “La profezia di Celestino” di James
Redfield. In quei primi anni ’90 un tam-tam da sei milioni di copie (negli
States), ed oggi invece, naturalmente, una certezza editoriale per un genere
che stampa copie su copie incalzato dall’urgenza delle richieste.
Lo stesso Redfield insiste (dopo “La decima illuminazione” e
“La guida alla profezia di Celestino”), ed esce ora con questo “La visione di
Celestino” (sempre di Corbaccio) che dichiaratamente definisce come il
manifesto teorico della nuova spiritualità.
Non più romanzo ma saggio, l’autore sottolinea anche così
l’avvenuta presa di coscienza di questo “nuovo” desiderio di essere ; un
risveglio del quale illustra e discute le basi scientifiche e storiche, come se
fosse ormai questo il destino dell’uomo nel terzo millennio.
L’argomentazione è suggestiva : sa di abbandono ad
un’essenza (Redfield ci perdonerà) soffocata ma mai dimenticata da che l’uomo è
uomo. E’ l’attenzione all’inconcretezza e al sogno ; il rifiuto del
sentirsi pesante e finitissima materia ; e invece pensiero, leggero e
forte fino alla preghiera, così come già sapevano i saggi più lontani,
d’Oriente e d’Occidente, nascosti come il loro Medio Evo dall’urgenza di fretta
e di scienza e di entusiasmo tecnologico da fine Novecento.
Redfield dice che non è più così. Che quello sguardo infelice
e insoddisfatto per l’incalzare della nostra corsa a qualsivoglia vitello
d’oro, è un presente contato, da lasciarsi alle spalle. Il futuro è nuovo
quanto il richiamo ancestrale dello spirito. E viene semmai da chiedersi perché
esso conduca altrove (si parla qui di meditazione, guardando agli yogi, di
sincronicità, guardando a Jung...) rispetto a quella vicinissima (ma forse il
motivo è proprio questo) soluzione che la risposta cristiana ci offre, e che
qui è solo accennatamente compresa.
Se lo è chiesto anche Andrea Colombo, con questo suo “Guarire
l’anima” (Mondadori) ; altra uscita di un certo spessore in un panorama
non sempre esaltante di titoli.
E’ infatti anche questo un viaggio (potrebbe non essere
così ?) sulle tracce e i Paesi dove alloggia questa spiritualità
post-moderna. Che potremmo anche chiamare (l’ultima ?) libertà.
“Qui siamo oltre il freddo mondo del raziocinio - scrive
infatti Colombo - L’uomo del terzo millennio non ne sente più il bisogno,
imbrigliato com’è da mille regole e regolamenti.(...)Regole dell’economia
globale e del mercato, cui deve sottostare, regole del pensiero unico che non
può contraddire. Da queste gabbie l’uomo contemporaneo guarda al sacro come
allo spazio residuo di libertà, dove vivere l’apparente contraddizione,
l’illogicità dotata di una sua logica, la gestualità a tratti incomprensibile,
perché proiettata verso un mondo
totalmente altro.”
Un mondo, che dopo dodici tappe, l’autore rintraccia ad
esempio qui, a due passi da noi, nelle parole e nei gesti di un parroco della
campagna piacentina : la sua risposta ai bisogni di sofisticata
spiritualità post-rurale è un successo che si è inventato in tre stanze, dove
organizza una orazione mentale notturna. E’ una meditazione occidentale
ritrovata ; uno sguardo verso l’alto.
Il valore di una leggerezza dell’anima, che ci ricongiunge ad atmosfere
forse più modaiole ed esotiche, così come a molti titoli di questi autori new-age.
“La sublime leggerezza dell’essere” è ad esempio proprio il
racconto e l’invito di Carlo Amedeo Amman (Macro Edizioni ; e quattro
chiacchiere in proposito con lui le trovate qui accanto), che spiega attraverso
la propria esperienza, come (ri)trovare il sentiero per la lontananza. Il tono
un poco più ispirato, l’approccio un poco meno sofisticato, il libro utilizza
il proprio vissuto come leva diretta per illustrare l’avventura di
un’autoscoperta ; ma esemplifica, per questo, alcuni principi che sembrano
essere ricorrenti tra tutte queste pur diverse pagine : l’abbandono
all’istinto, alle “coincidenze”, a quelle che diventano curiose occasioni, ma
destinate a guidarci nel mistero del nostro cammino, nella nostra ricerca. “La
vita è ciò che sta capitando mentre sei preso a fare altri piani”, non a caso è
la citazione che l’autore preferisce in premessa.
E “ciò che sta capitando” può essere una persona,
anche : come racconta Chuck Norris, in questo suo “Il segreto del mio
successo” : per caso si appassiona di arti marziali, per caso conosce
Bruce Lee, per caso diventa attore e persona nuova. Nel senso che smette di
guardare alla casualità di questi eventi, per affidarsi a quella rilettura
interiore, che è poi sintetizzata in questa sua autobiografia.
Vite inventate, invece, ma di altrettanti cercatori, quelle
infine che ci riconducono alle soglie del romanzo : come ad esempio “Il
cammino del cuore” di Fernando Sanchez Drago, e “Il viaggio del santo” di Susan
Trott.
Il madrileno Drago ci risospinge ai sogni del ’68 ; a
quel pellegrinaggio disilluso dai nuovi decenni, ma che è la riconosciuta
radice storica più recente di questo, invece, così contemporaneo. Si dirige ad
Oriente, quindi, il protagonista, a cercare quella vita dell’anima che
incontrerà solo al ritorno, nel sorriso appena nato di una figlia.
Così come dirige al metaforico oriente del proprio maestro,
il percorso immaginato della californiana Trott. Più contemporaneo e
quotidiano, il racconto offre, una tappa dopo l’altra, pillole serene di
saggezza in risposta alla tanta consueta frenesia che caratterizza il nostro
mondo, e che appare così, improvvisamente e sommamente ridimensionato.
Puntuale, quasi ad ogni capitolo, l’invito e l’entusiasmo di
qualcuno che dice “andiamo”.
C’è sempre, è evidente, un sogno, un pensiero o un luogo da
raggiungere, per chi ha voglia di farlo.
Rita
Guidi
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