lunedì 1 aprile 2019

IL SENSO DELL'ESISTENZA (DALAI LAMA) di Rita Guidi



Scambiare la realtà per qualcosa di vero. 
Questo è il nostro errore. Suprema ignoranza, per il credo buddhista, da cui originano tutti i dolori.
E vacuità ed essenza, dolore e serenità, sono proprio al centro del volume “Il senso dell’esistenza”, il cui autore è il Dalai Lama in persona (Rizzoli Ed., 151 pagg., L.24.000). Lettura impegnativa quanto il titolo, la trattazione si snoda sul percorso spontaneo di una serie di conferenze tenute dal Nobel tibetano alla Camden Hall di Londra. Tre giorni e cinque sessioni per confrontarsi su una certa idea della vita. Con semplicità e rigore. Praticità e sorriso (a chi avesse dei dubbi segnaliamo che l’introduzione è di Richard Gere).
Martedì : sguardo sull’orizzonte del mondo. Dalla prospettiva di questo lembo di terra d’Oriente, c’è la preoccupazione per le sofferenze di tutti. E la lucidità per quel meccanismo esatto che le produce.
Dicevamo, no ?, dell’ignoranza. E’ lei che confonde le nostre prospettive. Ci illude di desideri, come se le cose possedessero una propria intima essenza. Ci fa scambiare il vuoto di tutti i piccoli oggetti che quotidianamente inseguiamo, per qualcosa di “vero”, come se fossero realmente utili al nostro vivere.
Non è che la vita ‘sia’ un’illusione - spiega il Dalai Lama - è ‘come’ un’illusione. Per esempio, una cosa effettivamente transitoria può apparire permanente ; può succedere anche, a volte, che delle fonti di dolore ci appaiano come fonti di piacere. Sono esempi del conflitto tra come le cose sono in realtà e come ci appaiono. In relazione alla realtà ultima - prosegue il Dalai Lama - gli oggetti sembrano esistere intrinsecamente, ma in verità mancano di questa esistenza intrinseca.”
Non saperlo è dolore. Per questo, attorno alla preziosità di questo insegnamento, è fiorita una leggenda. E si racconta del dono splendido di una veste tempestata di gioielli, di un re ad un altro re. Assai più “povero”, quest’ultimo, non sapendo come ricambiare, chiese aiuto al Buddha. Il consiglio fu di inviargli un grande dipinto, che raffigurasse la ruota dell’esistenza ciclica. E “si dice - conclude la leggenda - che dopo aver ricevuto e studiato il dipinto, il re abbia attinto la comprensione.”
Ricchezza non confrontabile, in quel dipinto l’ignoranza è raffigurata da un vecchio cieco e zoppo. Ed è solo una delle dodici immagini che simboleggiano gli altrettanti anelli fonte del dolore umano. Un’iconografia complessa per un ciclo esatto. La visione buddista, del resto, ha un rigore davvero matematico.
“Uno studioso buddhista dell’Occidente - afferma infatti il Dalai Lama - mi ha detto che il buddhismo non è una religione : è un tipo di scienza mentale.”
Opinione lecita, nel momento in cui ad ogni azione si riconosce un preciso effetto, ed è la mente, il pensiero, la volontà, a giocare un ruolo essenziale.
Ad esempio per come uscire da questo circolo vizioso, e far crescere la vita fino ad annullarla. Il mercoledì dice queste risposte. Una pratica non facile ma possibile. Vincere l’ignoranza, non soccombere alla collera e all’aggressività, sfuggire alla brama e all’odio, sembrano, nelle parole quiete e senza enfasi del Dalai Lama, sentieri da percorrere innanzitutto per se stessi. Egoisticamente, verrebbe da dire, se non fosse che proprio dall’egoismo conducono a salvarsi. Perché desiderare, se questo provoca in noi sofferenza ? Perché odiare un nostro nemico, se è invece a lui che dobbiamo la nostra capacità di sapere o meno operare la carità e la pazienza ?
La pazienza. E’ questa una delle sei perfezioni ricordate dal Dalai Lama, il giovedì. E forse la prima da inseguire, per non rinascere in un corpo più brutto, in un animale più basso, in uno spettro infernale, come dice chi appartiene a questo credo.  O semplicemente (e finalmente) per vivere, come possiamo dire tutti.
Se posso fare qualcosa per rimediare ad una certa situazione, perché preoccuparmi ? Se invece non posso farci niente, nemmeno preoccuparmi può servire a qualcosa...
E’ questa saggezza tranquilla, che affiora dopo queste pagine. La voglia che resti. Per questo è un libro che può essere utile. Soprattutto a chi buddhista non lo è e tantomeno pensa di diventarlo. Il Dalai Lama ha qualcos’altro in mente, ed emerge chiaro dalla spontaneità (a tratti ironica e sorridente) con cui risponde alle domande degli intervenuti a quell’incontro, e qui fedelmente trascritte da Olivia Crosio che cura l’intera traduzione. C’è qualcosa che ovunque e sempre, nell’Occidente quotidiano come nello spiritualissimo Tibet, può essere utile a qualsiasi uomo. Con il ragionamento o con la fede, per un improvviso desiderio, o attraverso un lento cammino, il vero senso dell’esistenza è una meta certa per la serenità e la saggezza di tutti.

                               Rita Guidi