lunedì 3 giugno 2019

LA STORIA DEI SOGNI DANESI (P.HOEG) di Rita Guidi


Hanno lo stesso piacere ruvido del profondo Nord, le pagine di Peter Høeg. Più che mai in questo suo ultimo “La storia dei sogni danesi” (Mondadori, 366 pagg., L. 33.000), forse anche perché in realtà è il primo.
Romanzo d’esordio, infatti, (è del 1988) ma necessariamente ripreso oggi, dopo i successi de “I quasi adatti”, “La donna e la scimmia”, e soprattutto di quel “Il senso di Smilla per la neve” (con lo stesso titolo anche su grande schermo) che ha proiettato il poco più che trentenne autore nell’orbita dei bestsellers internazionali.
Un Høeg di prima, insomma, da leggere dopo, in uno scherzo del tempo che gioca curiosamente e apertamente a rimpiattino proprio con la stessa materia di cui è intriso il libro. E cioè lo scorrere dei giorni, fiabesco, illogico e duro ; la storia , che confonde le sue carte coi capricci degli uomini ; la clessidra del tempo, rovesciata o fermata da una fantasia che lotta con inutile successo all’avanzare dei secoli.
Cinque secoli. Perché non manca comunque un procedere cronologico, nelle vicende qui immaginate da Høeg. Dalla sua penna ruvida, un poco ostica prima di avvincere. Dal Cinquecento ad oggi, nomi e cose si muovono sullo sfondo di una Danimarca fantastica eppure reale. Mai senza che un volo impossibile faccia aleggiare Andersen. Sempre con quel lento brivido di freddo, che appartiene all’autore e alla sua terra di Nord e di filosofi, e che scava (e affascina) di cruda realtà, la costante atmosfera da c’era una volta.
Realismo magico : qualcuno lo chiama così. Anche se in questo caso si tinge di un colore in più. Prìncipi e conti, scudieri e castelli, giù giù fino all’oggi fatto di strade, automobili e biciclette, è questo il costante affresco volante della storia danese. Di una famiglia. E dunque della sua società. Della sua gente. E dunque, certamente dei suoi sogni. Il primo è quello del Conte di Mørkhøj, protagonista di un nordico rinascimento, che vuole il suo luogo esatto al centro del mondo ; fulcro della sua e di tutta la nobiltà ; ma universo destinato a scomparire, se non provvedesse lui stesso a proclamare in eterno il presente assoluto dell’anno Uno. La sua Danimarca si isola nell’incantesimo racchiuso tra le mura del castello. Illusione rotta dal Novecento che seppellirà i tricentenari abitanti, con le ceneri di una vita che non può più esistere.
Stessa disillusione, è quella dell’ultimo di questi sognatori : quella del bello, giovane e biondo Carsten. Baluardo borghese a una modernità che avanza, e uccide la voglia d’amore, d’antico, d’identità, in una nuova solitudine. Un tempo che cresce, e non si può fermare, e che bisogna accettare e insieme vincere. Non dimenticandosi. Questo vuol fare lui, e di più Mads, suo figlio, “autore” rivelato di questa secolare vicenda.
“Se mi ostino a scrivere la storia della mia famiglia - scrive infatti - è per necessità”. “Davanti c’è il futuro - prosegue - e io voglio guardarlo negli occhi, ma sono sicuro che se non si fa niente non ci sarà alcun futuro da guardare negli occhi...Ecco perché ho voglia di gridare per chiedere aiuto. Non abbiamo tutti bisogno di chiederlo a qualcuno ? Io, l’ho chiesto al passato.”

                                         Rita Guidi