venerdì 25 gennaio 2019

L'ARTE DEL SILENZIO (M.CUMANI, S.QUASIMODO) di Rita Guidi

Questo libro è una donna, come nemmeno il suo uomo ed  amante l’hanno conosciuta. Materializzazione libera di pensiero.
Questo libro è un coro di se stessi. Da non confondere con un’autobiografia, da non disvelare come un diario, è insieme il pubblico e il privato di un’anima: di quella Maria Cumani che, come in una inconsueta rivincita, è protagonista assoluta della storia che la vede accanto a Quasimodo. Per una volta, qui, più semplicemente uomo che non celeberrimo poeta.
Si intitola ‘L’arte del silenzio’ (a cura di Delfina Provenzali, con prefazione di Giovanni Raboni, per la collana L’alingua della Spirali/Vel Edizioni), in una scelta più che mai opportuna perchè è proprio questo il luogo in cui abita la protagonista: il silenzio. Sipario insolito per una danzatrice eppure ‘luogo’ ricordato, nominato, vissuto, quasi ad ogni pagina di questa che potremmo chiamare raccolta (...“Non è facile trovare una definizione o una collocazione di genere - ricorda Raboni in prefazione - che renda giustizia ad un libro così integro, così insolito e coraggioso”),e che comprende stralci di diario, lettere, poesie, fotografie.
Perchè Maria Cumani è sì amante e poi compagna di Quasimodo, ma è innanzitutto se stessa. Dunque danzatrice. Danzatrice e non ballerina...
La danzatrice in quanto tale - scrive - presuppone una capacità creativa: non esegue su suggerimenti del coreografo (vedi le ballerine) ma compone le sue danze...”  La Cumani lo fece così bene da far scuola: che sarà insieme  abbandono e controllo, creatività e interpretazione. Locandine e istantanee parlano di un successo ( fatto anche di interpretazioni cinematografiche e teatrali); i suoi occhi intensi in un volto unico (e per questo di un’altra bellezza) parlano di una decisa inquietudine.
Quella che vive nei luoghi del silenzio. Quella che taciamo anche a noi stessi: e che non è necessariamente dolore, ma anche abbandono, bellezza...
Mi annullo inebriandomi di silenzi - scrive su brevi impressioni autunnali  - di nebbia, di profumi delle piante e della terra...”.
Immagino e vedo veramente e viene a me in questo stile - scrive invece della danza - un piacere che si fa acutissimo nel silenzio e mi stringe in cerchio...”
O invece :”E’ come se nascesse da me, dal profondo, dal più profondo silenzioso grido della mia anima, ed è mio.” Ma è già un grido di dolore per qualcosa che irreparabilmente muore.  Fosse anche solo per lei, per Pucci, perchè è così che si firma e così la chiama Quasimodo.
E muore quell’entusiasmante freschezza che avvolge d’irrealtà ogni nuovo amore; muore quell’incanto che l’aveva sottratta al suo mondo chiuso di sogni (“Allora sì vivevo, quando aspettavo di vivere...”) fatto solo per danzare, scrivere, sognare. In silenzio. E in silenzio chiedersi cosa sia il vento: la Cumani lo descrive con panica poesia in uno stralcio di diario. Ancora non conosce Quasimodo, ancora non conosce la vita.  Ma a quel vento che immagina, come in un curioso presagio,proprio la sua vita somiglierà: ritmo, mistero, passione; prima di farsi tormenta.  Dopo, cioè, i “Pucci adorata”, “Pucci mia”, “Amore forte” che le scrive Quasimodo firmandosi (spesso) Virgilio.
Non abbiamo detto, infatti, del carteggio del poeta, pure presente nel volume, ma è stata quasi una svista inconscia, di fronte alle sue tracce che prima che di artista sono quelle di un uomo. Silenzio denso dopo felicità silenziosa.
L’arte del silenzio è allora l’arte di vivere. Non vorremmo dire di sopravvivere. Perchè quasi come un primo innato comandamento la Cumani ha deciso che l’importante è ‘sentire’. E in un difficile 1949, ripercorrendo i momenti più intensi a scandire la sua vita, scrive :”Dio mio, aiutami tu! Salvami dal silenzio dell’anima...” Come un’ultima preghiera. O una perpetua condanna.

                                         Rita Guidi