domenica 17 marzo 2019

PARMA ANNI '50 d Rita Guidi


Colori primari :  blu, rosso, giallo. 
Il nostro mondo a colori di oggi comincia lì. E la locandina di questa mostra sugli anni Cinquanta, sottolinea anche in questa scelta il suo invito alle mille bolle di un tempo, tanto essenziale, quanto sulla soglia.     Fermi sulla storia e appena nati al presente, quei dieci anni sono infatti la nostra metà : dividono, lunghissimo, il secolo, ma si sposano già con quelle che saranno le nostre abitudini.
Anche per questo, per rintracciarne il peso e la (difficile) dolcezza, i colori, il Gruppo Giovani dell’Industria Parmense, il Comune di Parma e  Banca Monte (che da oggi al 14 giugno offre per questo ai visitatori gli spazi di Palazzo Sanvitale), hanno dato vita a questa importante iniziativa.
Bando allora a parentele col modernariato, nemmeno una concessione alla nostalgia, questa esposizione su “Parma anni ‘50” vuole essere un utile, appassionante, suggestivo percorso tra gli “avvenimenti, le atmosfere, i personaggi” (come giustamente sottotitola l’evento) di quel decennio.
Da un più serioso mappamondo di notizie alle vetrine di moda, dal nuovo e troppo-nuovo design a quei sogni in pellicola che hanno davvero ricolorato il mondo dopo il lungo rullino negativo della guerra, questo ritorno al passato prossimo è ripresentato proprio tutto ; sintetizzato, spiegato, riordinato in spazi tematici essenziali (primari...) così come l’hanno voluta i curatori. L’idea, di Alfredo Corradi, è stata infatti coordinata da Lara Ampollini e Giancarlo Gonizzi. Responsabile anche, quest’ultimo, del progetto editoriale dello splendido catalogo edito dalla PPS ; un vero e proprio libro, meglio, che dall’esposizione trae solo l’input per un discorso senza scadenze, puntuale e completo, sul decennio. Le firme sono di Baldassarre Molossi, Bruno  Rossi, Giuseppe Marchetti, Antonio Cellie, Gianni Capelli..., in un lungo elenco di personalità ; la grafica è sciolta ed elegante.  Citazione anche questa di un mondo, e che è ripresa poi, evidente, nelle scelte dell’allestimento...
Era la filosofia più opportuna - spiega l’architetto Marco Zarotti, che, con Alberto Bordi e Sauro Rossi, ha firmato il progetto espositivo - Occorreva “comunicare” questi anni ’50 non solo con il contenuto ; quindi farne rivivere lo spirito non solo attraverso i documenti rimasti, ma anche con una più complessiva cornice. E attingendo proprio all’eleganza e alla freschezza grafica del periodo.”
Figure scontornate e pannelli densi di “mitiche” immagini giganteggiano vive, come i sorrisi di un’età che preferiva grattacieli e strade per le proprie cartoline, piuttosto che i monumenti o i palazzi cui siamo oggi abituati. Non per superficialità, no, ma per voglia di nuovo, laddove il passato era maceria di guerra non ancora ricordo. Meglio allora la fòrmica, gli scooter, i colori...
Degli abiti, ad esempio. Sull’onda delle radio nuove nuove anni Cinquanta, che diffondono in questi spazi le voci e le notizie di allora, una delle prime tappe è proprio lì. Tra le vetrine firmate Sorelle Fontana. Prima voglia d’Italia nei sogni da indossare. E prima Parma versione nazionale di un’età che l’ha vista decisamente protagonista. Città piccola, d’accordo : oltre la soglia che idealmente la raccoglie e la racconta urbanisticamente com’era in una grande piantina, ci sono i tavolini di Bizzi, puntualmente gigantografati. Pochi metri di una sola piazza, è vero, ma personalità grandi e tante. Da Attilio Bertolucci a Pietrino Bianchi, un certo pensiero passava anche di qua. E non tardava a farsi “filosofia”, innovazione...
E’ davvero questa la parola d’ordine di quegli anni - sottolinea lo stesso Gonizzi, che ripercorre con noi queste sale -  Nulla a che vedere con l’improvvisazione, nasce anzi dalla lunga esperienza del passato. Ma accelera proprio straordinariamente in questi anni. Come se un certo mondo di idee, di possibilità, fosse rimasto compresso, schiacciato dalla durezza degli anni precedenti. E qui esplodesse.”
E qui esplode : la bic e il frigo, la “Lettera 22” ,( il mito, ebbene sì, anche versione verdina o rosa della Olivetti), e insomma tutto il design, conosce una ventata tonda e nuova, amplificata dalla pubblicità e dalla tivù. In una parola Carosello (e, senza, cosa saremmo oggi ?). Una comunicazione profondamente attuale quindi (e colorata, e primaria), che ci rimbalza di nuovo a Parma. A quel Carboni che pensa l’universo blu della Barilla ; alla stessa Banca Monte, che non è qui solo contenitore ma protagonista e testimonial di quella crescita ; o comunque a quel modo nuovo di pensare all’impresa che tanto dovrà ai mass-media. Lo raccontano eloquenti queste tivù, appena prima dello scalone che conduce invece a quel più grande schermo, il cinema, che con l’editoria abita (in tutti i sensi, appunto) al piano di sopra di questi anni.
Venti minuti di trailer in cinemascope per inventarsi in un montaggio il meglio delle mitiche produzioni di allora ; e poi le bacheche con i periodici, i libri della gutemberghiana tradizione parmense, sotto i dieci articoli dieci dei giorni più immortali, gigantografati in altrettante Gazzette.
Un corridoio per l’arte, una sala per il teatro...abbiamo dimenticato lo sport ? E’ di nuovo giù, accanto a quella “Vespa” che basterebbe da sola a suggerirci un ambiente.  Chi non ha sognato vacanze romane ?
 E, alla fine, chi non sogna questi anni ? Questo presente lontano ? Questo non come-eravamo, verrebbe da dire, ma come-siamo ?
Una nostra sensazione costante è stata proprio questa - afferma infatti Gonizzi, che ha raccolto per circa due anni il materiale utile alla mostra - Di una curiosa continuità tra quegli anni e i nostri. Come se i decenni “in mezzo” avessero interrotto questa complicità di proposte e di bisogni...Di innovazione, quindi, ma soprattutto e sempre di qualità
Qualità prima che consumo, eleganza prima che esibizionismo, novità prima che avanguardia. I tondi, colorati anni Cinquanta, volevano innanzitutto questo. Un bisogno primario. Il colore più nuovo.

                                    Rita Guidi