sabato 30 marzo 2019

STORIE (G,MINA') di Rita Guidi


Confessore o inquisitore, ascoltatore  discreto o smaliziato giornalista : oltre che un uomo, il cronista Gianni Minà è decisamente anche tutto questo, nel suo “Storie” , appena pubblicato per la Sperling&Kupfer con RAI-ERI (368 pagg., L.24.900).
Voluto come materializzazione scritta di quell’appuntamento con la telecamera che è stato, invece, l’omonima trasmissione ( di RAI2 in ultimissima serata), il libro acquista però una certa e curiosa autonomia propria.
Trasparente alle immagini per l’esserne l’esatta trascrizione, ritoccato quel tanto che basta per rubare il meno possibile alla colloquialità e immediatezza del discorso, il volume aggiunge comunque intimità a questa serie di interviste a dieci, venti grandi personaggi in primo piano.
Venticinque per l’esattezza ; e divisi come “continenti” (ci sono i testimoni del tempo, gli scrittori, gli artisti, i registi, gli sportivi...) in questo “viaggio nella vita di persone non comuni”, come recita opportunamente il sottotitolo.
Introdotti dal rigore di una pagina che ne documenta vicende e fatti, come per una curiosa biografia in vita, il dialogo si stacca poi, invece, con un colpo d’ala sulla dimensione più profondamente umana di ognuno degli intervistati. Nel senso che le domande rivelano piuttosto l’identità e il contorno di chi non poteva che essere il protagonista di un determinato evento, piuttosto che grattare banalmente la superficie di qualche volto da copertina.
Esempio inevitabile : Naomi Campbell.  Chi più di lei avrebbe potuto offrire il destro al semplice pettegolezzo, al morboso “scoop” ? E invece, finalmente, la top model più abbronzata delle passerelle, è invitata ad un dialogo come una seppure non comune persona. Per parlare di sé, dei suoi ricordi, dell’infanzia. Della sua normalità. Quella soffocata dal bisogno di rendere mostruoso-scandaloso-da riflettore, anche il più semplice gesto di una sua comune giornata.
A contraltare di se stessi, per lei come per gli altri, ci sono poi gli amici o i mariti, i colleghi o i “maestri”, che affondano ancora di più, in un faccia a faccia provocatorio e immediato, nella controcopertina di queste “storie”.
Roberto Benigni per Bernardo Bertolucci ( che restituisce la parte invece per Martin Scorsese), Walter Veltroni per Ettore Scola, Ennio Moricone per Giuseppe Tornatore, Pietro Ingrao per Gillo Pontecorvo, sono ad esempio le inconsuete voci che si aggiungono a queste inconsuete interviste.
“Attente al senso”, verrebbe da definirle, facendo il verso a quanto afferma lo stesso Minà nella prefazione a proposito della tivù.  Quella tivù che cerca di fare e che preferisce, perché i programmi “non siano solo uno strumento per indurre la gente al consenso e al consumo”.
“Uno dei caratteri che contraddistinguono una produzione accettabile - afferma infatti - pubblica o privata, quando non sfrutta la buona fede dello spettatore o non ne sollecita gli istinti più bassi , credo sia la tivù della memoria, quella che aiuta a non far perdere il proprio decoro, la propria identità. E quindi collabora a non far dimenticare il proprio modo di essere, di esprimersi, di proporsi...”
E allora, per una voltà, Minà sceglie anche un libro, per far “leggere” (in orari forse meno penalizzati e meno penalizzanti) questa idea di piccolo schermo.

                                    Rita Guidi