mercoledì 23 gennaio 2019

LA VRISS ESOR POESIA (B.PEDRANESCHI) di Rita Guidi


La vera sorpresa è l’Africa, il profilo esotico sulla cadenza parmigiana.
Ma se il dialetto è l’anima di un luogo, queste poesie sono la sua anima, e dunque anche la Somalia deve avervi un po’ di spazio.
Parliamo di Bruno Pedraneschi e della sua raccolta di poesie in dialetto parmigiano “La vriss ésor poezia”  (fresco di stampa per i tipi della Azzali Editori).   Raccolta postuma voluta dal figlio Giorgio ( nome che nel mondo sportivo e non della nostra città’ non ha certo  bisogno di presentazioni ), quasi come una sorta di logico compimento per questi taccuini sparsi che vedeva nascere spontanei dalla penna del padre autore.   Concretizzazione commossa e indiretta, dunque, di un ricordo...”Mio padre era solito scrivere quando il sole non era ancora spuntato. - si legge nella breve e partecipata premessa del figlio - Se mi capitava di alzarmi molto presto per andare a caccia o a pesca, lo trovavo puntualmente seduto al tavolo a comporre...Le ricordo tutte perchè...mi bloccava e me le leggeva.- prosegue Giorgio Pedraneschi -  Era felice quando mi vedeva attento e gli davo dei suggerimenti o spunti per una correzione: rimpiango quei momenti che forse sono stati quelli di una maggior intimita’ fra noi due.”
Ed è proprio una lunga idea di intimità quella che percorre queste pagine.  Lunga quanto una vita. Perchè l’Africa, appunto, e gli affetti, la passione sportiva e per la natura, o i brevi appunti amari o buffi del contorno di casa, sono proprio i temi che scandiscono questo libro. Rimpjànt d’Africa o L’orazjon d’un strajè, Al me putèn o La vjola (ma anche La maja Crozada ) sono infatti solo alcuni titoli nati dalla stessa ispirazione.  O Inspirasjon, se preferite : Cuand a gh’ò l’alma su cla strada / ch’va p’r i mont ‘dla fantazia,/ - si legge nell’omonimo componimento -  e la ment iluminada / da ‘na luza ad poezia, / i van, i vol’n i me pensèr...
E allora piu’ di ogni altro aggettivo, ci sembra opportuno definire queste righe ‘schiette’. Termine parmigiano che solo ci sembra raccogliere un certo spirito, anzi, un certo modo di essere parmigiani.
La raccolta - sottolinea infatti Umberto Tamburini nell’ introduzione - racchiusa in bella veste tipografica, con i simpatici  e spiritosi  disegni di Cristina Cabassa, e l’originale copertina curata da Gian Carlo Ceci e Pietro Sandei, è una piccola vena di acqua sorgiva alla quale è piacevole accostarsi per un sorso rinfrescante di parmigianità.”    Che è innanzitutto la sua: giovane dei Mulini Bassi e poi colono sotto il caldo orizzonte di Mogadiscio, con tutta la nostalgia nei trentacinque anni che lo videro là, per queste indimenticate e verdi colline parmigiane. E’ allora forse proprio con il suo dialetto, con il nostro dialetto, che “la Pilota, al Regio, i Du Brase’...” fino a quel  1963 in cui fece ritorno, furono un poco meno lontani.  E forse è proprio cosi’, in queste rime che definiva “mal pioladi” e “ch’i n’gh’àn miga nisòn valor” , che potremmo trovare quella poesia che vorrebbero essere.
                                                               Rita Guidi