mercoledì 24 aprile 2019

ANTONIO ALLEGRI DETTO DA CORREGGIO (intervista a David Ekserdjian) di Rita Guidi



Il suo nome è già scritto nello sguardo rotondo dei suoi putti e amorini. Allegri. Quell’Antonio Allegri detto da Correggio, che spesso amava firmarsi anche Lieto (o “Leto”, latinamente, come tanto piaceva all’universo umanista).
Il Correggio in una parola ? ‘Joy’, gioia”, conferma infatti anche David Ekserdjian, autore dello splendido volume  dedicato all’artista, edito da Pizzi per Parmalat.
Un sunto, insieme, della tanta (ma non tantissima) pubblicistica sul parmigiano pittore, come di vent’anni della sua vita.
Ho iniziato ad appassionarmi al Correggio da quando avevo diciassette anni - spiega Ekserdjian - All’arte poco prima : frequentavo l’Università per stranieri a Perugia, quando con altri amici visitammo gli Uffizi, a Firenze. Da quel momento decisi cosa avrei voluto fare della mia vita.”
Londinese di nascita e di residenza, Ekserdjian (la pronuncia esatta, facile al di là delle apparenze, è Eksergian, per l’evidente radice armena del cognome paterno ; la madre è invece scozzese), inizia da allora un percorso rettilineo verso il nostro Cinquecento. Fino ad incontrare, per forza, per destino e per caso il meno consueto artista nostrano...
Forse per questa mia prima esperienza giovanile,  istintivamente per me l’arte italiana è l’arte del Rinascimento - racconta Ekserdjian - Voglio dire che se spesso, negli studi artistici,  può capitare di viaggiare a ritroso, io ho preferito cominciare da lì per arrivare a tutto il resto, Impressionisti o Van Gogh compresi...”
E il Correggio ?
Il Correggio mi è sembrato da subito quasi un fatto personale - sorride l’autore - nel senso che, sempre dall’Italia e sempre nel ’74, andai a trovare mio fratello, che abitava a Bruxelles. L’indirizzo ? Rue Le Correge ! Gli chiesi chi era, e da allora iniziai a guardare con sempre più attenzione i suoi quadri ; ad inseguirli anche. Fu proprio in quell’anno che visitai per la prima volta Parma.”
Una tappa imprescindibile, come ha detto qualcuno, per conoscerlo...
Indubbiamente. Solo venendo a Parma lo si può davvero apprezzare e studiare ; ci si può ‘convertire’...”
Un termine curioso...
Un termine calzante : è ciò che ho provato io da ragazzo, ed è ciò che credo provino tutti, da quanto mi raccontano, gli amici che consiglio di venire qui.”
Soprattutto dove ?
Soprattutto nella Camera di San Paolo - Ekserdjian non ha un attimo di esitazione - Un’opera che resta nella memoria di tutti, per l’essere insieme splendida, ma anche leggera e divertente.”
E’ così, epidermicamente, anche per lei ?
Non è il capolavoro in assoluto, ma... sì, anche a me piace particolarmente. Insieme al Correggio mitologico, (quello dell’ “Io” di Vienna ad esempio) : quel Correggio maturo, che considero ancora più grande di quello religioso”.
Che pure, Ekserdjian, conosce benissimo. Dopo la laurea in lingue moderne e medievali (francese, tedesco e italiano a Cambridge), ha proseguito gli studi in uno dei più prestigiosi luoghi dell’arte dell’Università londinese : il Courtauld Institute.  Tesi del dottorato : le pale d’altare del Correggio. Motivo che certo non manca di comparire anche in questo suo ultimo libro, con tutto l’approfondimento che può derivare da un lungo periodo trascorso a Oxford come professore, ovviamente, di storia dell’arte del Rinascimento italiano, e prima di passare, nel ’91, ad un altro (in ogni senso) tempio artistico, quale è il comunque londinese “Christie’s”...
Contrariamente a quanto ritenuto da molti, come ad esempio dal Gould che lo definiva troppo frivolo - afferma e scrive a chiare lettere Ekserdjian - il Correggio è anche un grande artista religioso. Certo, celebra piuttosto la gioia religiosa ; e ha un modo di comporre caratteristico (sia nei soffitti che nelle pale d’altare) in diagonale, quasi rappresentando in modo teatrale i personaggi...In ogni quadro è per questo necessario chiedersi che cosa fanno... Ma è comunque un grande poeta della gioia religiosa.”
Anche per questo ha scritto il libro. Per riordinare un po’ le idee, raccogliere, discutere, fare il punto su un artista così “marginalmente” grande...
Esistono pubblicazioni e studi dedicati ai disegni preparatori del Correggio ; oppure ai suoi dipinti ; o ancora a qualcuno soltanto dei suoi affreschi - spiega - La mia prima ambizione è stata allora quella di fare non un catalogo ragionato (perché anche quello esiste già) ma un libro che desse spazio a tutto, che consentisse di aprire una discussione su tutto.”
Un punto d’arrivo e di partenza, insomma : con quali “novità” ?
Più che novità le chiamerei precisazioni, recuperi. - precisa - Tentativi di capire e approfondire cose spesso neanche discusse. Ad esempio, riguardo alla tradizione iconografica secondo la quale si rappresenta un santo ; nel caso del Correggio è un aspetto spesso trascurato o dimenticato. Caso emblematico proprio la cupola del vostro Duomo, sotto la quale, nei pennacchi, sono affrescati i quattro santi patroni. In tutti i libri, uno è descritto come San Tommaso e invece è San Giuseppe. Interpretazione che troviamo solo nel Vasari, e che ho trovato giusto riprendere.”
Errori minori o che derivano dal fatto che forse il Correggio è considerato un “minore” ?
L’errore vero è pensare che su di lui sia già stato detto tutto ; e invece anche solo sul piano dei dati, della documentazione, è straordinario quante cose ancora saltano fuori. Proprio qui da ‘Christie’s’, pochi giorni fa, abbiamo venduto un disegno che non si conosceva... Nessun dubbio, comunque, sulla sua grandezza : nel Settecento era famoso quanto Raffaello, ma in queste cose ogni epoca subisce anche l’influenza del gusto..”
E a lei, del Correggio, cosa piace di più ?
Il modo in cui cambia,  cresce, si sviluppa. Sembra che compia un passo in avanti ad ogni quadro.”
E su ogni quadro Ekserdjian accuratamente indaga ; illustra i rapporti con la committenza ; riflette sulla forza di una personalità che pur anticipando il Barocco è assolutamente figlia del proprio tempo ; invita alla discussione : un libro come il mio, dichiara, non può mai essere l’ultimo.  Il volume, però, anche se frutto di uno sguardo ormai ventennale, si ferma alle soglie dell’artista, essendo “nascosta” tutta lì la storia invece dell’uomo...
Di Antonio Allegri non resta nulla : non una lettera né un cenno. Solo il Vasari, in qualche riga, scrive di un carattere triste e malinconico. Può darsi, non so...”
Il tono dubbioso rinvia il pensiero a quella luce dorata, a quei putti paffuti...
Però sono quasi certo - conclude Ekserdjian - che sarebbe stato un piacere andare a cena con lui.”


                                    Rita Guidi