martedì 26 febbraio 2019

REMO GAIBAZZI - INTERVISTA A GLORIA BIANCHINO di Rita Guidi


Solo artista. Nella nudità dei luoghi come nella fissità del proprio volto, nella china asciutta di un’umanità derelitta come nei colori essenziali degli acrilici, Remo Gaibazzi lavora.
 Solo artista. Mai preoccupato di altre consuetudini ; mai oltre un confine geografico che si è dato come sufficiente ad esprimere cose che non hanno luoghi.
Pigra personalità parmigiana, illustre matita sconosciuta, attentamente disperso nella memoria privata dei salotti, il suo mosaico che oggi si ricompone non ha mancato, per questo, di suscitare qualche perplessità...
Non sono stati davvero pochi quelli che mi hanno detto che forse lui una mostra non l’avrebbe voluta, o non l’avrebbe voluta così ; che quel tal disegno non l’avrebbe esposto. - ricorda infatti Gloria Bianchino, direttore dello CSAC e curatrice della mostra - Io questo non posso davvero saperlo. So, però, che questa mostra era in un certo senso necessaria. Ha consentito a noi di scoprire Gaibazzi e di amarlo ; e ci auguriamo ( perché questo era il nostro intento) lo farà scoprire soprattutto ai giovani, a chi per motivi generazionali o altro non lo ha conosciuto. E un pittore come lui, sempre vicino ai giovani artisti, questo credo l’avrebbe senz’altro voluto.”
Le opere sono circa duecento, centocinquanta i disegni : dalle ‘caricature’ giovanili alle realizzazioni astratte, è questo lo stralcio di una lunga e vivace produzione che resterà da oggi alla metà di febbraio alla Sala delle Scuderie della Pilotta.  Selezione non facile delle cinquecento realizzazioni che raccoglie invece il bel catalogo (Electa), e delle mille o più, catalogate comunque dallo CSAC, lungo il tracciato infinito delle collezioni sconosciute, dell’universo privato ...
Il Gaibazzi che appartiene alle collezioni pubbliche è numericamente insignificante. - spiega Gloria Bianchino - La sua opera è presente invece, anche con molti pezzi, nelle case della gente. Ed è per questo che vorrei ringraziare davvero tutti i prestatori, le persone che ci hanno messo a disposizione quello che avevano, e che hanno accettato la presenza di fotografi o di avere le proprie pareti vuote per un paio di mesi. Quindi grazie davvero alla città per una risposta così pronta e aperta, senza la quale questa mostra non si sarebbe mai potuta realizzare.”
Se conflittualità c’è stata, tra Gaibazzi e Parma, era allora comunque parziale,‘affettuosa’...
Affettuosa e reciproca : Parma ‘ama’ Gaibazzi e Gaibazzi ‘ama’ Parma. Dopo quest’operazione di raccolta non è difficile rendersene conto. Ma addirittura prima, proprio quando è nata l’idea in qualche modo di ricordarlo, subito dopo la sua scomparsa, la ‘risposta’ è stata istantanea. - racconta la Bianchino - Ricordo l’immediata disponibilità del dottor Giorgio Orlandini, e con lui di tutti quelli che hanno sostenuto questa iniziativa (Comune, Provincia, Banca Monte, SEGEA, Università n.d.r.)...”
Il parmigiano Gaibazzi : le sue strade sono riconoscibili e nostre, ma vuote ; i monumenti insieme famosi e familiari, diventano profili e sagome d’assenza ; i contrafforti della Pilotta, ancora, si fanno occasione di segno, ripetizione astratta che annulla la propria identità. Parma sembra improvvisamente un confine ingiusto, o, meglio, una sua semplice occasione...
. - afferma la Bianchino - Non credo che sia giusto confinare ‘geograficamente’ Gaibazzi. Come non è giusto considerarlo isolato, confinato : Gaibazzi era compreso, per quanto la sua produzione fosse difficile, raffinata, intellettuale, da quanti qui lo conoscevano. Non solo, ma lui stesso, così apparentemente appartato, era in profonda sintonia col suo tempo ; consapevole e attento conoscitore di quanto accadeva nel mondo della produzione artistica, e traduttore poi di quella esperienza, sempre fedele però alla propria personalità ed espressività.”
Una mostra importante, allora. Non fosse altro che per quello sguardo d’insieme che, per la prima volta, dunque, preziosamente ci consente : altre esposizioni, sporadiche, magari collettive, ma quasi tutte perse (anche loro) nella memoria dei singoli, non hanno lasciato praticamente traccia...
Purtroppo, spesso non siamo riusciti a ritrovarne nemmeno i cataloghi - spiega la Bianchino - E questo non ha certo contribuito a rendere più agevole, ad esempio, il problema della datazione delle opere...”
Anche per quella, Gloria Bianchino ricorda il prezioso aiuto di Alfredo Caselli e Andrea Calzolari, di Giorgio Mazzocchi, Maurizio Gatti, oltre a quello dello stesso figlio Luca e della moglie Lina Gaibazzi ; e non nasconde la preoccupazione e la fatica di tutto lo CSAC, in particolare di Lucia Miodini, autrice con lei delle schede di catalogo, e di Enzo Ferrari, Antonella Monticelli e Teresa La Porta. Poi riprende...
“Ci saranno quindi, forse, delle imprecisioni, ma era previsto. Del resto - conclude -  Consideriamo questo appuntamento tutto fuorchè conclusivo ; uno stimolo, semmai, a nuove indagini, studi, ricerche, su Gaibazzi.”
Materiale inconsueto e disperso. Studi per vetrate di chiese e giochi di quadri ricomposti. Disegni, tele, veline di un solo artista... Ma non chiamatela antologica. La storia di Remo Gaibazzi ricomincia da qui.

                                    Rita Guidi