lunedì 15 aprile 2019

QUANDO LA MATEMATICA E' LETTERATURA di Rita Guidi



Non sono pochi né trascurabili, i titoli riproposti o appena pubblicati oltre a “L’ultimo teorema di Fermat”, relativi a questa matematica che si fa letteratura.
E’ il caso, ad esempio, del romanzo-fiaba di Hans Magnus Enzensberger, “Il mago dei numeri” (Supercoralli di Einaudi, traduzione di Ganni E. 170 p., Lit. 24.000), che muove da una diversa, ma decisamente assai diffusa, ossessione matematica. Un nome, una garanzia, il bel libro dalle divertenti illustrazioni è già nelle prime posizioni delle classifiche di vendita.
Si tratta di un c’era una volta incentrato sugli incubi di un giovane studente alla vigilia di ogni compito in classe di questa odiata-amata materia.   Incubi che presto, però, si trasformano in sogni, grazie all’intervento di un simpatico maghetto rosso, che notte dopo notte riveste di un incantesimo nuovo, per il ragazzo, l’universo di numeri.
Tra foreste di 1 e serpenti di 9, la matematica gli si rivela allora nella sua dimensione (più autentica ?) fantasiosa, affascinante, fiabesca. Filosofia più che calcolo, con quello spessore che così bene sa nascondere nei noiosi libri di scuola.
Bella : come direbbe Henry J.Poincarè. Del grande matematico dell’Ottocento, sempre Einaudi infatti ripubblica “Scienza e metodo” (300 p., Lit. 32000)
 Una raccolta di saggi disparati, che affronta, nel secondo libro, questioni relative ai fondamenti della matematica.  In aperta polemica contro il riduzionismo logico, Poincarè sostiene infatti l’importanza dell’intuizione e individua nella bellezza il fattore guida nelle scoperte e nelle scelte delle formule matematiche. Un’idea che lo conduce, nella terza parte, a fare i conti con la crisi teorica alla svolta del secolo, e a formulare un analogo del principio di relatività.
Qualcosa di molto vicino a quella stimolante idea di crisi, sulla
quale fa il punto Paolo Zellini nel suo “la ribellione del numero” (Adelphi, 179 pagg., L.35.000). Il matematico triestino, rintraccia qui la soglia, tra fine Ottocento e primo Novecento, che condusse all’individuazione di crepe non restaurabili nei fondamenti del pensiero matematico.    “Certi a priori - scrive infatti Zellini, accennando ad esempio a Riemann o Lobacevskij - erano semplici abitudini dell’intelletto, cui si poteva opporre la libera immaginazione di abitudini opposte.” Numeri improvvisamente ribelli, quindi, obbedivano (e obbediranno) solo al pensiero e alla logica del proprio “creatore” ; pronti però a piegarsi a logiche altre, a verità altre. “Noi siamo di razza divina e possediamo il potere di creare”, scriveva il qui citato Richard Dedekind, nel 1888. Non sapeva ancora che si trattava di dèi di un potere esatto, ma solo per se stessi : e da qui nuove sfide, nuovi sogni, nuove domande e nuove infinite ossessioni.
Infinite : noi, per iniziare, ci fermeremmo qui.                                  
                                                                                                                                                                                              Rita Guidi