mercoledì 20 febbraio 2019

LA BEAT GENERATION DE 'NOANTRI - INTERVISTA A MELCHIORRE GERBINO di Rita Guidi

4 aprile '67 - contestazione per i diritti civili - Melchiorre Gerbino

E’ vero, non vestivano alla marinara. 
Ma è anche vero che la ‘trasgressione’ non era difficile laddove l’appartenenza si misurava in centimetri : di capelli.
Il versante italiano della beat-generation, nella seconda metà degli anni ’60, è stata davvero anche una questione di cellule. Di...peli, barbe, capelli e capelloni. Di dissidenti della brillantina. Di affamatori di coiffeur.
E il coma irreversibile delle sfumature a spazzola è iniziato anche con lui ( per lui), Melchiorre ‘Paolo’ Gerbino, oggi cinquantasettenne viaggiatore impenitente, nonché nonno e celebrità televisiva (vedi Maurizio Costanzo Show).
Mezza sillaba di presentazioni telefoniche e la prima domanda è la sua : “Scusi, ma quanto dista Milano da Parma ? - quasi sorpreso - Spostiamo l’appuntamento e mi dia tempo di arrivare..”
In genere, di occasioni per andare, aggiunge, gli basta anche meno.  Da sempre.  Da allora.        
 In tasca nessun ‘On the road’ di Kerouac, eppure viaggiava sulle stesse macchine scassate oltre le stesse barriere di questa parte dell’Oceano...
Chissà ! - spiega - Forse è una cosa genetica : mio zio ha fatto il giro del mondo ; mio nonno, farmacista, si era voluto trasferire in Tunisia...nel secolo scorso non era così consueto... Senza contare che, ero nato da poco, e mia madre mi portava con sé in calesse, per andare a trovare mio padre.”
Da Calatafimi, dove è nato il 30 agosto 1939 e di cui conserva appena l’accento, a Porto Empedocle : il padre, giovane ufficiale della contraerea era già lì, al fronte, e la moglie, fresca sposa, voleva stargli vicino.
I miei primi ricordi sono proprio quelli. Il rumore degli attacchi aerei...Il viaggio, come necessità per sopravvivere.”
Nessuna differenza con l’oggi : ‘neonato’ dei luoghi, Gerbino non cessa di trovare ovunque motivo d’interesse, di scoperta, di libera appartenenza. E quell’ovunque, allora, era la Svezia...
Un biglietto per Stoccolma : è stato quello il regalo che mi sono fatto appena maggiorenne. E da là due cartoline di dimissioni : dall’ufficio e...da casa. Mio padre, avvocato, altrimenti non me lo avrebbe mai permesso.”
Ma perché la Svezia ?
Perché era il punto più lontano raggiungibile - sorride Gerbino - E poi perché per me Stoccolma era davvero il centro del mondo : per l’economia fiorente,  la politica aperta, il clima di tolleranza e libertà...”
Era così per lei, per come se la immaginava, o era così davvero ? Insomma, la realtà, dopo la fantasia che sempre precede il viaggio, era proprio quella che si aspettava di trovare ?
Sì. Era così davvero. E poi guardi che la realtà è sempre molto meglio dell’immaginazione. Ho sempre trovato, nei luoghi, molto più di quanto mi aspettavo. Il mondo è troppo complesso per tentare di fantasticarlo. E la Svezia lo stesso ;- ricorda Gerbino - non è un caso che proprio lì abbia trovato la ‘crema’ dei primi viaggiatori, i primi ‘romantici’, i Kerouac di allora...Per loro come per me Stoccolma divenne presto la base di lunghi viaggi in giro per l’Europa. In quattro o in cinque compravamo una macchinaccia da due soldi e partivamo : Francia, Germania, Jugoslavia, Bulgaria, Turchia...”
L’Italia no ?
Certo anche l’Italia. Ricordo di essere anche passato a trovare i miei...ma dove mi sentivo a casa era Stoccolma. Con chi viveva e la pensava come me. Una sorta di avanguardia generazionale molto vitale e aperta. Molta amicizia, molto amore, anche in senso fisico, - continua Gerbino -  ma per noi era insieme romanticismo e conoscenza. Libertà autentica, nulla a che vedere con la pornografia di oggi...”
Un piccolo esempio è nel suo soprannome : quel ‘Paolo’ con cui preferì chiamarlo, nell’intimità, la sua prima ragazza svedese. Soprannome che poi scelse ai tempi di Milano. Già, Milano...
Ci arrivai nel ’66, con mia moglie Gunilla Unger : l’avevo conosciuta due anni prima, lei aveva 18 anni e io 23, e non ci eravamo più lasciati. Il 2 gennaio del ’65, però, nacque il nostro primo figlio ; e per riconoscerlo, - spiega Gerbino - ma anche per poter dividere la stessa stanza d’albergo una volta arrivati in Italia (allora era così) ci sposammo in Comune, a Stoccolma.”
Nel Millelire di Stampa Alternativa dal titolo ‘Le immagini del Mondo Beat’ (la raccolta complessiva sulla Beat Generation italiana e americana ne comprende sei), tra barbe e capelli, ci sono infatti anche loro, ‘Paolo’ e Gunilla. Ma pargoli davvero no...
Il bimbo rimase con i miei, che se ne innamorarono subito. Noi, dopo quattro mesi di Sicilia eravamo ansiosi di ripartire. La meta era Parigi, ma il treno cambiava a Milano...”
Gli era piaciuta subito la stazione. E un attimo dopo la città. Decidono di fermarsi un giorno che diventerà però ben più lungo di cinque...
Eravamo a Milano da ormai otto mesi, quando vedo sul giornale una foto del ‘barbuto’ Vittorio di Russo : arrestato per aver strappato in pubblico il passaporto gridando l’invito ad essere cittadini del mondo. L’avevo conosciuto in Svezia, lo cercai subito, lo invitai a casa e da lì cominciammo a far risalire l’adrenalina di Stoccolma...”
L’adrenalina di Stoccolma... Milano è pronta : ostile, ma pronta. Sempre più spesso quotidiani e questurini devono fare i conti con un proliferare inestinguibile di chiome e di idee. Ugualmente ribelli, al pettine come alla patria potestà...
Il termine ‘contestazione’ - ricorda Gerbino - riprende proprio dalla frase che più spesso compariva nei fogli di via destinati ai capelloni : il ‘si contesta’ delle forze dell’ordine che paradossalmente era diventato il nostro slogan...”
In testa il ‘triumvirato’ Gerbino (ideologo) - Di Russo (capopopolo) - e Umberto Triboni (‘tesoriere’), anche Milano, anche l’Italia (appena dopo i Provos olandesi, e in contemporanea con Berkeley) diventa beat. Le fughe da casa dei ragazzi sono insieme scandalo e consuetudine ; la meta è spesso ‘Barbonia City’, come viene dai ‘media’ definito l’enorme campeggio milanese ; come altrettanto spesso la meta è ‘Mondo Beat’, la rivista che per sette volte esce ciclostilando quegli ideali di libertà, ecologia, diritti (sì : anche di farsi crescere i capelli) che oggi ci sembrano così assodati e consueti.
Kerouac non lo conoscevano, ma Ginzberg era stato tra loro, in quella sede impropria (i campeggi, la piazza..) della rivista. Punto d’arrivo libero di tutti quei giovani che da lì ricevevano l’unica condizione di un’appartenenza : il viaggio. Unico modo per affrancarsi dalle croste di ogni provincialismo, dai paraocchi mentali all’esistenza. Il viaggio, però, non l’avventura...
Non chiamiamoli viaggiatori se è quella che cercano. - sottolinea Gerbino - L’avventura è la stessa esistenza. E spesso, viene da dire, purtroppo...”
Oggi come allora gli serve solo uno zaino o quanto basta a contenere il suo fucile da pesca subacquea ; in giro per il mondo una t-shirt spesso costa meno comprarla che lavarla, e sarà più soddisfatto se avrà visto di nuovo, da vicino, la zona della faglia oceanica. Il futuro ? Non è assurdo pensare che, tempo una decina d’anni, si possa dare un’occhiatina alla terra standosene inscafandrati sulla luna. Si vedrà...L’immediato domani è già un libro (“...” Ed Laser) e la ripubblicazione dei 7 numeri 7 di Mondo Beat. 
Il pettine non gli serve più e ovviamante conosce Kerouac.
...Kerouac ? Macchè revival.

                                    Rita Guidi