sabato 11 maggio 2019

TEMPO DI NEW AGE di Rita Guidi


Fine millennio sembra il risveglio dei “suchende”. 
Voglia di sonno per una ragione troppo fredda. Aliena da quel voler essere dello spirito, cui si rivolgono invece coloro che intraprendono questo post-newtoniano cammino. I “suchende”, appunto, come li chiamerebbe quell’Hermann Hesse di un “Siddharta” che non sembra davvero essere (mai) così lontano. Quei “cercatori”, cioè, per i quali l’inquietudine stessa è già un trovare e trovarsi. Viaggiatori dell’infinito orizzonte del sé, che sembrano aver scelto il Duemila come meta della loro partenza, e che per questo si chiamano dentro quel “fenomeno” ormai popoloso, affermato ma tutt’altro che sbiadito della New Age. Una Nuova Era già densa di riti, suoni, personalità, esplosa anche letterariamente, attorno al successo de “La profezia di Celestino” di James Redfield. In quei primi anni ’90 un tam-tam da sei milioni di copie (negli States), ed oggi invece, naturalmente, una certezza editoriale per un genere che stampa copie su copie incalzato dall’urgenza delle richieste.
Lo stesso Redfield insiste (dopo “La decima illuminazione” e “La guida alla profezia di Celestino”), ed esce ora con questo “La visione di Celestino” (sempre di Corbaccio) che dichiaratamente definisce come il manifesto teorico della nuova spiritualità.
Non più romanzo ma saggio, l’autore sottolinea anche così l’avvenuta presa di coscienza di questo “nuovo” desiderio di essere ; un risveglio del quale illustra e discute le basi scientifiche e storiche, come se fosse ormai questo il destino dell’uomo nel terzo millennio.
L’argomentazione è suggestiva : sa di abbandono ad un’essenza (Redfield ci perdonerà) soffocata ma mai dimenticata da che l’uomo è uomo. E’ l’attenzione all’inconcretezza e al sogno ; il rifiuto del sentirsi pesante e finitissima materia ; e invece pensiero, leggero e forte fino alla preghiera, così come già sapevano i saggi più lontani, d’Oriente e d’Occidente, nascosti come il loro Medio Evo dall’urgenza di fretta e di scienza e di entusiasmo tecnologico da fine Novecento.
Redfield dice che non è più così. Che quello sguardo infelice e insoddisfatto per l’incalzare della nostra corsa a qualsivoglia vitello d’oro, è un presente contato, da lasciarsi alle spalle. Il futuro è nuovo quanto il richiamo ancestrale dello spirito. E viene semmai da chiedersi perché esso conduca altrove (si parla qui di meditazione, guardando agli yogi, di sincronicità, guardando a Jung...) rispetto a quella vicinissima (ma forse il motivo è proprio questo) soluzione che la risposta cristiana ci offre, e che qui è solo accennatamente compresa.
Se lo è chiesto anche Andrea Colombo, con questo suo “Guarire l’anima” (Mondadori) ; altra uscita di un certo spessore in un panorama non sempre esaltante di titoli.
E’ infatti anche questo un viaggio (potrebbe non essere così ?) sulle tracce e i Paesi dove alloggia questa spiritualità post-moderna. Che potremmo anche chiamare (l’ultima ?) libertà.
“Qui siamo oltre il freddo mondo del raziocinio - scrive infatti Colombo - L’uomo del terzo millennio non ne sente più il bisogno, imbrigliato com’è da mille regole e regolamenti.(...)Regole dell’economia globale e del mercato, cui deve sottostare, regole del pensiero unico che non può contraddire. Da queste gabbie l’uomo contemporaneo guarda al sacro come allo spazio residuo di libertà, dove vivere l’apparente contraddizione, l’illogicità dotata di una sua logica, la gestualità a tratti incomprensibile, perché proiettata verso un  mondo totalmente altro.”
Un mondo, che dopo dodici tappe, l’autore rintraccia ad esempio qui, a due passi da noi, nelle parole e nei gesti di un parroco della campagna piacentina : la sua risposta ai bisogni di sofisticata spiritualità post-rurale è un successo che si è inventato in tre stanze, dove organizza una orazione mentale notturna. E’ una meditazione occidentale ritrovata ; uno sguardo verso l’alto.  Il valore di una leggerezza dell’anima, che ci ricongiunge ad atmosfere forse più modaiole ed esotiche, così come a molti titoli di questi autori new-age.
“La sublime leggerezza dell’essere” è ad esempio proprio il racconto e l’invito di Carlo Amedeo Amman (Macro Edizioni ; e quattro chiacchiere in proposito con lui le trovate qui accanto), che spiega attraverso la propria esperienza, come (ri)trovare il sentiero per la lontananza. Il tono un poco più ispirato, l’approccio un poco meno sofisticato, il libro utilizza il proprio vissuto come leva diretta per illustrare l’avventura di un’autoscoperta ; ma esemplifica, per questo, alcuni principi che sembrano essere ricorrenti tra tutte queste pur diverse pagine : l’abbandono all’istinto, alle “coincidenze”, a quelle che diventano curiose occasioni, ma destinate a guidarci nel mistero del nostro cammino, nella nostra ricerca. “La vita è ciò che sta capitando mentre sei preso a fare altri piani”, non a caso è la citazione che l’autore preferisce in premessa.
E “ciò che sta capitando” può essere una persona, anche : come racconta Chuck Norris, in questo suo “Il segreto del mio successo” : per caso si appassiona di arti marziali, per caso conosce Bruce Lee, per caso diventa attore e persona nuova. Nel senso che smette di guardare alla casualità di questi eventi, per affidarsi a quella rilettura interiore, che è poi sintetizzata in questa sua autobiografia.
Vite inventate, invece, ma di altrettanti cercatori, quelle infine che ci riconducono alle soglie del romanzo : come ad esempio “Il cammino del cuore” di Fernando Sanchez Drago, e “Il viaggio del santo” di Susan Trott.
Il madrileno Drago ci risospinge ai sogni del ’68 ; a quel pellegrinaggio disilluso dai nuovi decenni, ma che è la riconosciuta radice storica più recente di questo, invece, così contemporaneo. Si dirige ad Oriente, quindi, il protagonista, a cercare quella vita dell’anima che incontrerà solo al ritorno, nel sorriso appena nato di una figlia.
Così come dirige al metaforico oriente del proprio maestro, il percorso immaginato della californiana Trott. Più contemporaneo e quotidiano, il racconto offre, una tappa dopo l’altra, pillole serene di saggezza in risposta alla tanta consueta frenesia che caratterizza il nostro mondo, e che appare così, improvvisamente e sommamente ridimensionato.
Puntuale, quasi ad ogni capitolo, l’invito e l’entusiasmo di qualcuno che dice “andiamo”.
C’è sempre, è evidente, un sogno, un pensiero o un luogo da raggiungere, per chi ha voglia di farlo.


                               Rita Guidi