giovedì 24 gennaio 2019

LA MUSA PRAMZANA: RICORDO DI GUGLIELMO CAPACCHI di Rita Guidi


La “Musa pramzana” origina da lune arcadiche. 
E’ invocata da quel Settecento idilliaco e pastorale che vede in Angelo Mazza un protagonista poeta...
E’ proprio con lui che nasce la poesia dialettale parmigiana - afferma il Professor Guglielmo Capacchi - E non quasi un secolo più tardi, nell’Ottocento, come comunemente si crede.”
Il tono abitualmente pacato appena venato dall’orgoglio della scoperta, il professore non tarda a scendere in particolari...
Circa un paio d’anni fa - spiega - mi è stato consegnato un manoscritto: un vero  e proprio brogliaccio, disordinato e quasi indecifrabile. Ho iniziato a studiarlo, a trascriverlo, e ad un certo punto non ho più avuto dubbi: si trattava dei componimenti dialettali di Angelo Mazza. Poesie delle quali si conosceva l’esistenza, ma che si temeva fossero andate perdute o distrutte per il loro contenuto ( si pensava) ‘licenzioso’...”
Doppiamente soprendenti allora...
Sì, ma non in quel senso. Non sono affatto licenziose. La vera sorpresa, accanto al ritrovamento, è stata leggere l’Arcadia in dialetto. ‘Ascoltare’ i termini, i contenuti  tipici di quest’Accademia(dalle poesie celebrative a quelle d’occasione), ma nel nostro dialetto...”
La “Musa pramzana”: tra le pieghe ordinate della sua tunica di divinità ispiratrice, nasce quindi la radice aulica dell’universo linguistico dialettale. E soprattuttto la sua relativa scrittura: momento che sancisce, come spesso accade, la fine di quella che potremmo chiamare ‘preistoria’ di un ‘parlato’ che esiste da sempre.
E la sua successiva ‘storia’ allora ?
Ripercorrerla non sembra difficile: tra gli scaffali antichi di questa libreria, la voce ‘Parma dialetto’ ne occupa uno soltanto.  Eppure è un po' come seguire l’unico sentiero esistente pretendendo così di conoscerne la foresta intorno...
 Capacchi esplora da sempre quella foresta: dalle radici proprie (“Sono assolutamente bilingue: in casa mia si parlava italiano e dialetto...”), alle fronde più lontane (“Sono arrivato persino a farmi ‘raccomandare’ per entrare nelle osterie della malavita locale ed esplorarne il ‘bergom’: il particolare gergo. Più o meno ex-galeotti, ma assolutamente svegli: capivano  subito quello che volevo.”).
Però la ‘storia’, torna ad essere più o meno tutta in quello scaffale...
Si parte (si è sempre - e allora aggiungerei erroneamente - partiti) da una produzione ottocentesca e ...ridanciana.- riprende Capacchi - Domenico Galaverna e Giuseppe Callegari. Poesie queste sì un poco ‘sconce’, e per questo fino ad oggi mai pubblicate. Inedita, purtroppo, è invece la produzione di Gasparotti, salvo alcuni brani di sue traduzioni dalla ‘Ulularia’ di Plauto. Letteratura decisamente più bassa, sempre nell’Ottocento - prosegue Capacchi - è poi quella dei ‘patajòn’, grandi fogli murali con al centro una vignetta e ai lati due colonne di lunario e altrettante di satira di costume. Il primo Novecento è ovviamente di un Pezzani o di uno Zerbini, che hanno ampiamente dimostrato come far poesia vera in dialetto.”
(La pausa improvvisa non sembra fatta per riprendere fiato...)E oggi?
Oggi: ma dobbiamo essere elastici sulle date... Diciamo allora la produzione più recente? Senza dubbio sono da segnalare “Ultmi rimmi” di Luigi Vicini e “Scarfuli” di Franco Bertozzi. Subito esaurite.”
Come dire pochi ma buoni ?
Buoni senza dubbio: sono davvero un ottimo esempio di poeti dialettali. Quanto ai numeri della produzione editoriale attuale direi che non sono davvero ...esagerati. E questo nonstante la richiesta, l’attenzione verso quest’’altra cultura’...”
Dietro la grande scrivania che è un accatastato sunto di parmigianità (attuale), e dietro la propria modestia, Capacchi ‘nasconde’ i due grossi volumi del suo dizionario ‘Italiano-Parmigiano’ che ne attendono un terzo. Pubblicazioni, queste sugli strumenti di studio, che accennano subito ad un deciso ottimismo o, viceversa, alle prime note di un ‘de profundis’...
Sono per l’ottimismo - chiarisce subito Capacchi - Anzi, questa produzione è decisamente al di sotto di quanto sarebbe necessario. Mancano gli strumenti di supporto ai giovani, nonostante vi sia fermento. E penso al lavoro  dei gruppi teatrali, come al lunario che ogni parmigiano ha ormai appeso in casa. Piccole tracce, d’accordo, ma che contribuscono a far sì che un grande patrimonio non vada perduto.”
Insomma non è troppo tardi. Il ‘videoappiattimento’ non ha ancora prevalso...
No. Certo, è un patrimonio non più intatto, ma ho davvero fiducia nel carattere dei parmigiani, che non hanno mai sopportato di vedersi sottrarre una propria ricchezza.”
Ricchezza antica: di quella Musa che, se ci è concesso di sognare, cantava due secoli fa magari nel tempietto del giardino...
Temo di no. E’ lo stesso Mazza che precisa di aver recitato questi versi in occasioni più intime e conviviali. Del resto, per quanto talvolta siano specchio (traduzione?) delle sue rime italiane, queste hanno un tono più scherzoso e azzardato. E non mancano ingenuità, ‘sviste’, di chi usa questo mezzo linguistico da pioniere, per la prima volta..”
Capacchi non li chiama ‘errori’. O forse non può: quello di una grammatica del dialetto parmigiano è per ora il ‘suo’, sogno nel cassetto...
Eh sì! Se concede a me di sognare,- sorride Capacchi -  vorrei davvero terminare il terzo volume del mio dizionario (mi sono dato una scadenza: tra due anni) e poi dedicarmi al completamento di quella grammatica. Sognando, di nuovo, di esaurirne...15.000 copie. Gliel’ho detto(e fortunatamente sono sempre di più quelli che se ne rendono conto): ogni  parola dimenticata è un poco di noi che se ne và. Se morisse il dialetto morirebbe una cosa importante.”
Morirebbe una Musa.
                                         Rita Guidi