domenica 13 ottobre 2019

PETER HANDKE, UN DISINVOLTO MONDO DI CRIMINALI di Rita Guidi


Risultati immagini per handke  Rilancia contro il tappeto vincente d’Occidente, contro i dadi truccati di ogni verità, ma è un azzardo costoso fino alla riprovazione, o agli sguardi dubbiosi che la gente, ora, rivolge a lui. Peter Handke. Autore e scrittore, ma questa volta soprattutto uomo e intellettuale, alle prese con un viaggio difficile quanto gli appunti che ci offre come le più spietate delle pagine.
 Iugoslavia (ex), marzo e aprile 1999. Milosevic e i serbi. La guerra Nato contro lo sterminio e le bombe. Ma nella Chaville di Handke, illuminata dagli echi metropolitani della vicina Parigi, sembra che nessuno, salvo lui, senta il rumore dei tanti aerei dal carico mortale che decollano proprio da lì. Sembra che tutto il mondo con il suo drink in mano (non canta così anche il nostro Ligabue?) preferisca di gran lunga il piacere di brindare alla consapevolezza di guardare su e guardare fuori.
 Per questo parte. E per questo titola il suo irriverente taccuino “Un disinvolto mondo di criminali” (Einaudi, 84 pagg., 10 euro). Diario drammatico che riprende la riflessione già oggetto di feroci critiche di “Un viaggio d’inverno” e “Appendice estiva a un viaggio d’inverno”. Lungi dal ritrattare le sue posizioni, dolorosamente insensibile agli attacchi anche verbali dei quali lo fa oggetto chi lo riconosce, Handke conferma anzi senza appello il suo no a certe logiche da superpotenza, alla voce monocorde dei mezzi di informazione, all’ovvia adesione, insomma, ad una imposta (e unica) verità.
Risultati immagini per disinvolto mondo di criminali handke Quattro giorni prima (dal 30 marzo al 2 aprile) e sette dopo (dal 23 al 29 aprile) in questo vicino Est frammentato e martoriato, gli bastano e avanzano per convincerlo che l’aggettivo “chirurgico” non serve a rendere diverso il risultato di morte di un bombardamento. E che insomma nessuna bomba, per nessuna logica, potrà mai essere giusta, necessaria, santa.
 “Strano come proprio la disintegrazione degli utensili – scrive ricordando la sosta alla fabbrica Zastava di Kragujevac - dei banchi da lavoro, delle tenaglie, delle morse, delle barre, dei chiodi e delle viti (spianati e spezzati persino gli elementi più piccoli) mi abbia colpito più di quella dei grandi macchinari. Era come se con questi utensili le criminali potenza celesti avessero annientato in tutto il circondario il lavoro, vale a dire ogni cooperare ed esistere (l’esserci) per un tempo indeterminato.”
 E indeterminata è davvero la vita che, in queste parole e sensazioni come ammucchiate nello zaino di un corrispondente dal fronte, gli sopravvive intorno. Perché appunto ci sono le bombe…
 “Le bombe…così repentine e dirompenti nello spazio (e al tempo stesso annientatrici dello spazio) – annota in una drammatica notte vissuta sulla via del ritorno all’Hotel Metropol di Belgrado – così tangibili e randellanti che paroline aggiunte come subitaneo o improvviso fanno un effetto di calma e prolissità. E così  attacco aereo dopo attacco aereo, per tutta quanta la notte. Impossibile abituarsi. Ed è chiaro che quelli esposti al frastuono giorno dopo giorno devono diventare balbuzienti, non soltanto i bambini.”
 E le bombe cadono sui ponti e sulle strade, sugli aeroporti e sulle ferrovie. Una precisione a bassissimo margine di errore, guidata da una “logica secondo la quale – accusa di nuovo Handke -  possono essere bombardati anche un campo di mais e un pollaio perché mais carne di pollo e uova servono da vettovaglie per la soldataglia.”
 Il disagio forte è sentire il decollo di quegli aerei esattamente dietro casa (“l’aeroporto militare dietro la collina dove abito (…) Nessuno sembra sentirli?”). Che pure è la sua casa… “Il mio centro del  mondo è dove è mia figlia. Il mio tavolo è qui a Chaville, sono qui le mie matite, i miei alberi quando li attraversa il vento e quando di tanto in tanto regna una certa tranquillità”.
 Una certa tranquillità: quella che ti fa pensare di poter credere che possa scoppiare la pace così come scoppiano le bombe.

                                               Rita Guidi