domenica 31 marzo 2019

STORIE DELL'ALTRO MONDO (V.ZUCCONI) di Rita Guidi


Tutto lo spazio che passa tra due oceani. L’America è grande quanto un immenso contenitore di luoghi e di persone. Caleidoscopio di umanità ; luci, ma anche tante  ombre di troppe combinazioni.
Gli States sono questo. E sono, quindi, anche quello che racconta Vittorio Zucconi, nel suo “Storie dell’altro mondo”, che esce ora nella collana “Ingrandimenti” della Arnoldo Mondadori Editore (185 pagg. ; L.25.000).
Quella faccia nascosta dell’America, cioè, come recita il sottotitolo, che non ha esattamente quel profilo invariabilmente giovane-sorridente-felice, fotocopiato dalla sognante iconografia di tanti telefilm “californiani”.
O meglio, in queste pagine non manca a volte nemmeno quella inconfondibile superficie, fatta di jogging, lifting e vitamine ; assente costante è piuttosto l’”happy end”, quel lieto fine che più di ogni altra cosa contraddistingue il mito americano.
In queste cinquantatré storie, che attraversano “coast-to-coast” quell’universo come brucianti istantanee, si legge insomma un’altra più brutale, profonda, eterna, umanissima verità. Perché sono cinquantatré vicende, ritagliate da altrettanti fatti di cronaca, solo qualcuna rimbalzata fino a noi per il clamore di una qualche copertina, che Zucconi sceglie e riscrive con consumata abilità di scrittore. Regista, verrebbe da dire, in questo caso, dal momento che distilla in poche, pochissime pagine (due, tre, mai più di quattro), frammenti di esistenze ; ma in cinemascope, e, sempre, depistando il lettore (spettatore) in vista della sorpresa finale.
Nulla, comunque, di troppo costruito : “ I racconti - chiarisce subito l’Autore nelle sue iniziali Istruzioni per l’uso - sono tutti basati su vicende realmente accadute. Essi non sono novellette e non riflettono la comoda fantasia dell’Autore, ma la inflessibile e meravigliosa durezza della vita quotidiana.”
Una durezza inflessibile e meravigliosa : già in questa contraddizione, o comunque nella contraddizione, potremmo rintracciare allora una certa costante di questa umanità.
Com’è il caso di Colleen, giovane moglie e fresca mamma “all’antica”, che preferisce portare sempre con sé il suo piccolo piuttosto che abbandonarlo alle cure estranee e pericolose di una qualche sconosciuta baby-sitter. Per questo vorrà accanto il figlio, anche quando si troverà costretta a riprendere, insieme al marito, il proprio lavoro. Quale ? Rapinatrice di banche. Oggi ospite delle prigioni di stato per il capriccio rumoroso e inopportuno del bebè lasciato sulla macchina che doveva servire alla fuga...
E ancora, non mancano qui, alcune righe sui fatti celeberrimi della bimba più bella d’America, e di una radiosità spezzata dalle ciglia finte, dai dollari e dalla morte ; o di Anne Nicole Smith, episodio anche questo ripreso da Zucconi, e anche questo adombrato dalla finzione (non delle ciglia), dai dollari e dalla  morte.
Nomi familiari arrivati fino a noi, questi, che sono però eccezione nel libro. Gli altri, “sconosciuti”, sono la personificazione anonima di un simbolo, un nome e un cognome prestato a sogni folli o perversi, a quanto di più tragico o comico esista nella condizione (commedia) umana. Protagonisti di storie che vivono di vita propria, senza essere necessariamente passati per una qualche copertina di quella americanissima realtà. E semmai conseguenza di essa : del mito dell’immagine e del denaro ; della contraddizione (ancora la contraddizione..) tra intransigenza e libertà : quell’intransigenza che fa condannare una ragazzina perché a scuola ha inghiottito un cachet (dunque pillola, dunque droga...), e quella libertà che difende anche le nefandezze trasferite esattamente come i più asettici dati su Internet, e che spingono le frustrazioni di una giovane donna non esattamente piacente, al suicidio sessuale volontario. Un altro media, che Zucconi non manca di ricordare ; oltre ad un quinto potere presente in un’altra emblematica storia di esistenze usa-e-getta, utili solo all’audience di giornali e tivù.
Non è questa l’America, verrebbe da dire, rifugiandosi nello spazio prezioso e necessario delle nostre fantasie. E certo non sarà solo questa. Ma il peggiore sospetto è un altro : nell’eco curiosa, fosse solo di due o tre vicende, che risuona simile, così simile a quanto accade anche qui “da noi”. Come se, a nove ore di volo, non ci fosse poi un mondo così altro.

                                    Rita Guidi