giovedì 4 luglio 2019

INTERVISTA A DAVIDE BARILLI di Rita Guidi


Risultati immagini per davide barilli Dalle grandi finestre si vedrebbe la porta più antica della città. A lasciar loro lo spazio. La luce di Parma entra invece filtrata da altro : piante esotiche, quadri. Un profumo d’incenso.
Casa Barilli : Davide. Gambe lunghe quanto una dinastia. Una sedia a dondolo che arriva da Cuba ed è un trofeo al desiderio sul quale è difficile immaginarlo, sguardo quasi sempre vestito di nero, baffi seri da bel tenebroso. E invece dell’anima, fogli : qualcosa di concreto per dribblare quel tanto che si può le esigenze di un mondo cui non basta il pensiero.
Davide non pittore, allora, non artista o regista. Ma Barilli autore. Scrittore. E giornalista : per amore e per caso...
“Qualcuno ha detto che o si nasce con il desiderio di fare questo mestiere, o invece càpita - dice, tutto il tempo di lasciar cadere nel posacenere un po’ di sigaretta - A me è càpitato. Ma comunque mi piace, mi diverte. Ha pur sempre a che fare con la scrittura...”
Che poi è il suo mondo, da avaro di chiacchiere.  Un esempio ? Questo “La casa sul torrente”, raccolta di ritratti parmigiani ripresi dalla collana di interviste pubblicate dalla “Gazzetta di Parma”, ora edito dalla Guanda ; più racconti che domande. E questa intervista : più raccontata che reale. Perché preferisce lasciar parlare le parole. Scritte. Perché da intervistatore a intervistato è un silenzio diverso.
“Sono un pessimo intervistatore - spiega, comunque - Non preparo le domande. Niente. La prima cosa che mi studio è la faccia, il luogo, la casa. Preferisco osservare, divagare e far divagare. Allontanare dal centro chi si sta raccontando. Cerco i rivoli. Un modo per sfuggire alla trappola delle risposte preparate, scontate.”
Anche nella scelta dei personaggi, sembra sia andata così. Vite lontane dall’epicentro assoluto del Battistero. Parmigiani, ma apolidi...
“Mi interessavano persone un po’ spaesate, parmigiane per modo di dire. Persone segnate da un destino (che so ? La Pariset, trasformata in icona da una foto per caso) ; o anche il senso della fuga. E dunque Parma, ma in viaggio, che si muove. E come luogo di ritorno, prigione, o nascondiglio.”
Più cornice che città ?
“Forse. Come forse, a volte, Parma è una cornice. In certi casi dorata, rococò. In altri poverissima, di legno di pioppo...ma dentro ci sono delle pennellate, degli abbozzi di storia.”
E ci tiene, a questo termine...
“Di storia, sì. Anche per questo, più spesso, ho intervistato persone anziane. Quelle che hanno più cose da dire e meno speranza di essere ascoltate. Parlare con chi ha ballato guancia a guancia con la Dietrich o che è un vero poeta anche se non ha mai pubblicato una riga, significa allora sfuggire una certa idea di contemporaneità. Mettere da parte la caccia alla notizia (che però è fredda, senza storia) e ascoltare le storie (la storia), che forse è senza notizia ma non senza traccia.”
Il tempo della pazienza contro quello della fretta, conclude. Lo stesso che ha cercato lui, davanti alla tastiera...
“Le ho scritte di notte - sorride - Queste interviste le ho scritte tra le una e le cinque del mattino. Una questione per cui avevo bisogno di star solo. Almeno fino all’arrivo delle donne delle pulizie...”
Qualcosa che avrebbe cambiato ?
“Forse avrei preferito trasformare il discorso diretto in un racconto, ma le avrei snaturate.”
Qualcosa (qualcuno) che gli è riuscito un po’ meno?
“Paola Pitagora. Non l’ho sottratta più di tanto a un racconto fatto altre volte. Insomma, è un’attrice...”
Qualcosa (qualcuno) che gli è riuscito di più ?
“Il pittore Benassi. Nel senso che è stato una scoperta, un’emozione. I suoi quadri strani, di donne svasate ; il luogo quasi clandestino, una chiesa  sconsacrata...Mi è piaciuto il suo candore.”
La parmigianità che ne è emersa ?
“Spero non quella scontata, stereotipata. Luigi Malerba, molto tempo fa, scrisse in un racconto di una Parma vuota , nella quale dal cemento affiorava un rumore di fondo. Un battito. Per me la parmigianità è questo battito”
Qualcosa che ripara, un profumo un quadro un suono, dalla luce troppo forte o troppo finta della città. E che pulsa nelle persone prima ancora che nei personaggi ; anche in quelli che non è riuscito a intervistare (Ubaldo Bertoli, Roberto Tassi...in un modo o nell’altro irraggiungibili). Ma che c’è e c’è in tutti...
“Tutti questi nomi, tutte queste voci, mi hanno fatto capire che per ogni vita non esiste la parola fine - ricorda - Forse perché raccontandosi, era come se mi parlassero di qualcosa d’altro da sé. Qualcosa che stava loro accanto, come un’ombra.”
Dalle finestre su Piazzale Santa Croce, oltre il profumo d’incenso, si intravvede ora il riflesso dei lampioni :
“Del resto- conclude -  parlare di sé è un po’ questo : parlare di un’ombra.”

                                    Rita Guidi