giovedì 7 marzo 2019

UNICO INDIZIO: LA NORMALITA' (A.ARACHI) di Rita Guidi


Errata corrige, e proprio in copertina.
 A questo piccolo, grande libro di Alessandra Arachi che esce ora nella collana ‘Onde’ di Feltrinelli (126 pagg., L. 12.000) manca davvero un apostrofo.
Perché “Unico indizio : la normalità”,  si legge. Ed inizia da questo difficile postulato, il denso collage di racconti dell’autrice, il reportage del suo lontanissimo  viaggio.
Un viaggio a Sud : nell’Italia a Sud dell’Italia.  E’ questa la dichiarata (sempre in copertina) direzione. Nessun errore stavolta. Un “quasi sbagliato”( ! ! !) desiderio di risposte e spiegazioni, però, questo sì...
Perché in paesi come Oppido Mamertina o Gioia Tauro o Varapodio - scrive la Arachi nel suo tentativo di prefazione - il buio nasconde davvero gli uomini neri e cattivi e per vederli i bambini non hanno bisogno di aspettare gli incubi della notte e, spesso, neanche la notte ; e la verità è che senza una buona dose di incoscienza non soltanto non sarei mai potuta arrivare davanti alla croce sui piani di Zervò, ma non avrei potuto percorrere che poche decine dei miei ottomila chilometri.”
Ottomila chilometri per andare lontano ; per guardare dietro l’inchiostro asciugato in fretta delle brevi di cronaca del suo giornale milanese (la Arachi è una giornalista del Corriere). Soprattutto dietro a quel sangue che asciuga ancora più in fretta nelle sommarie spiegazioni di inspiegabili suicidi ; a quegli attimi di inconcepibile follia e invocata depressione che forano il cervello a giovani uomini e adolescenti, sterminano nel sonno tranquille famiglie.
A Sud. Ma non pensatelo solito : le grandi questioni, le grandi tragedie, le grandi immobili ingiustizie, ci sono, sì. Ma da un’altra visuale. Quella che procede sulla “milledue” dell’autrice, che salta ben oltre un gradino più su di uno stile da “nera” ; tra tornanti impossibili, o superstrade deserte, sul nulla. E la gente lo sa e lo accetta.
Sui tornanti del Vallo di Diano, in Campania, ad esempio, la Arachi (come tutti prima o poi) si è fermata contro il guard-rail. Normale. Come il fatto che ogni tanto qualcuno scivoli da questi dirupi, tentando di recuperare un pallone (visto che il campo di calcetto è proprio su, in alto) o per chissà quale altra disattenzione. Anche morirci è normale, visto che l’ospedale, a Sapri, è molto molto lontano.
Nessuna vicinanza sarà comunque mai utile a chi, come il piccolo Pasquale, non ha voluto aspettare neanche i quindici anni per decidere che no, quella realtà non gli sarebbe mai potuta sembrare normale.
E’ il primo racconto e il più struggente. Doloroso anche di più degli altri che sempre, comunque, zittiscono ogni spiegazione con un colpo in gola o sulla fronte. Tremendo quanto l’ultimo, che annulla finalmente nell’assurdità di un’inspiegabile strage in famiglia, qualsiasi pretesa di silenzio.
Unico indizio l’anormalità : restituiamo, allora, alla realtà il suo titolo corretto.  Non fosse mai che anche un solo apostrofo diventasse l’ennesima giustificazione.


                                    Rita Guidi