Scadenza cronologica
obbligata, o invece riapertura (e non solo ricordo) di una lunga pagina di storia ?
Il dubbio, su queste manifestazioni dedicate a Vittorio
Bottego, sembra essere d’obbligo. E lo condivide, ad esempio, Roberto Franchi,
ideatore e regista del video, già presentato lo scorso martedì, sui luoghi
dell’ufficiale ed esploratore parmigiano...
“Il nostro è un tempo
di viaggi - afferma - Reali o
virtuali, è spesso lì che si dirige il desiderio più contemporaneo. Logico
l’interesse che si può manifestare, allora, per questi primi autentici,
coraggiosi viaggiatori. E dunque per uno tra i più celebri, come Bottego.”
Bottego, o dell’Africa ; alla quale dedicò anche uno
sguardo curioso, come attestano, ad esempio, gli oggetti che volle portare con
sé, al ritorno.
Cianfrusaglie preziose, che ora sono custodite al Museo
Nazionale “Luigi Pigorini” di Roma, contraltare etnologico di quegli accenti
invece più squisitamente naturalistici che saranno al centro della Mostra
Documentaria che si inaugurerà domani nella nostra città.
“Vittorio Bottego e le
esplorazioni in Africa. 1897-1997” è infatti il titolo dell’iniziativa che
aprirà i battenti al Museo di Storia Naturale, sabato alle 12 (e fino al 29
novembre), curata da Roberto Spocci con la consulenza di Manlio Bonati e
Vittorio Parisi. Su alcuni piccoli schermi il documentario di Franchi, sarà
anche lo scorrere della pellicola a echeggiare, in un tramite ideale, la
suggestione esotica, insidiosa e invitante, di quel continente lontano :
il passato, così simile al presente, dei luoghi ; gli sguardi
contemporanei di quei popoli ; gli oggetti.
Gli oggetti del Museo, anche.
“Sono circa
centocinquanta, i pezzi della raccolta Bottego esposti nelle nostre sale -
spiega la dottoressa Alessandra Cavalli Antinori, africanista e curatrice della
“Collezione Africa” del Museo Pigorini - Un
piccolo stralcio dei dodicimila pezzi ‘africani’ che a loro volta costituiscono
una collezione tra le più piccole di questo Museo.”
Che infatti è Preistorico ed Etnografico, ma più l’uno che
l’altro...
“L’etnografia, almeno
fino a una decina d’anni fa, era qualcosa di indefinito, di sconosciuto -
spiega la Antinori - Lo dimostra ad
esempio il fatto che anche noi ‘addetti ai lavori’ veniamo inglobati tra gli
archeologi...Insomma ci sentiamo un po’ come dei clandestini. E ancor oggi,
nonostante ci sia un nuovo e deciso interesse per questi studi, per i beni
demologici come diciamo noi (e dunque per le tradizioni dei popoli) e
quant’altro, capita spesso che i nostri visitatori si addentrino nelle sale
preistoriche trascurando quelle etnografiche...”
‘Clandestino’ lo è forse, però anche il luogo : non più
in centro città, dove lo aveva pensato il fondatore (Pigorini, parmigiano anche
lui) nel 1876, è adesso invece in periferia...
“Certo questo non aiuta
- insiste la Antinori - Ed è un vero
peccato perché abbiamo qui una splendida collezione (l’unica pubblica), al
livello delle più grandi d’Europa ma praticamente sconosciuta agli italiani.”
Uno dei tanti tesori distratti, insomma, che ci arriva in
gran parte da quanto lo stesso Pigorini raccolse nel giro di una quarantina
d’anni anche dalle mani degli stessi esploratori di fine Ottocento.
E dunque anche da Bottego...
“Lo sguardo, sarà bene
precisarlo subito, è fortemente europeo - spiega la Antinori - Gran parte degli oggetti che ci sono pervenuti,
infatti, rispecchia fortemente il gusto di chi visitava quei luoghi. Un filtro
da tenere ben presente se vogliamo tentare di gettare una luce oggettiva sulla
realtà africana. E dunque - prosegue
- accanto ad una stragrande quantità di armi, le tracce di quella che definiamo
come ‘cultura materiale’, anche questa presente seppure in misura minore
all’attenzione di questi esploratori. Con qualche eccezione.”
Ad esempio ?
“Ad esempio proprio
Bottego. Uno dei pochissimi che precisavano con cura in qualche nota, il luogo,
l’uso, i motivi della scelta di un determinato oggetto. Questo indica una sua
autentica curiosità per l’Africa, e getta una luce diversa su di lui
(supportata anche da quanto scriva nel suo primo libro) rispetto a quella che
ci hanno lasciato i libri di storia.”
Un Bottego diverso. E forse anche un’Africa diversa, che ci
ha lasciato in questa sala : c’è un rosario musulmano, con appesa una
pinza per togliere le spine e una lama per farsi la barba ; o un turcasso
a cui sono appesi altri oggetti tipici del corredo di un nomade, come un poggiatesta
o arnesi per avvelenare le frecce o accendere il fuoco. In un’altra, accanto, statuine e sculture
dal fascino intatto, così contemporaneo.
C’è insomma anche un’idea che, volontariamente o no, consapevolmente o no,
questi esploratori si sono ritrovati in tasca.
“Abbiamo cercato di
sottolineare anche con l’allestimento, la raffinatezza e la profondità della
cultura africana. Un discorso estetico e storico, attraverso questi oggetti che
sono la testimonianza di culture scomparse, e insieme il termine utile ad un
contemporaneo confronto. Di recente - sorride la Antinori - abbiamo aperto un’altra sala-Africa. Chi l’ha
visitata è rimasto colpito, ha apprezzato, ci ha detto che sembrava di essere
in America. Per farci un complimento...”
Rita Guidi
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