L’aria solcata dai
Jet non ha certo, oggi, nessun confine tra i continenti. Ma è ugualmente infida
e rovente.
Quel lembo d’inferno che accolse Vittorio Bottego nell’ultimo
respiro d’Ottocento, non è diverso, ne’ lo sarà, da ciò che era nel Neolitico o
diverrà nel Duemila.
“E’ davvero, ancora,
uno dei territori più difficili e pericolosi del nostro pianeta, quello verso
il quale Bottego diresse le proprie esplorazioni - spiega Roberto
Franchi - Il clima, la natura, gli stessi uomini, rendono davvero la vita qui
sempre e soprattutto avventura.”
Come lo è stata anche per lui e la sua troupe. Perché è
proprio un ciak in quei luoghi, e insieme una esplorazione “proibita” in 8 mm,
una pellicola impressionata dalla storia, quella di Roberto Franchi.
E’ lui l’ideatore e regista del video dal titolo “Cercando la
grande acqua - L’Africa di Vittorio Bottego”, che verrà presentato alle 16.30
di martedì prossimo 21 ottobre , a Palazzo Sanvitale. Occasione che appartiene all’articolato
programma di incontri, convegni, manifestazioni, destinate a ricordare, a cento
anni dalla scomparsa, la tempra dell’esploratore concittadino.
Il video, quindi, nasce sì da tutto questo, ma è nutrito
anche da una prospettiva culturale più ampia...
“Mi occupo da sempre di
cinema, anche per tradizione familiare - spiega infatti Franchi - Però mi piacerebbe definirmi (con tutta la
modestia del caso) un viaggiatore.”
E un viaggiatore d’Africa, aggiungiamo noi : figlio di
quell’ Aldo Franchi protagonista della cinematografia documentaristica
sull’Italia degli anni ‘50-’60 (e Leone d’Oro a Venezia), Roberto racconta di
come la sua attività legata alla comunicazione d’immagini (soprattutto video
industriali) si sia comunque ritagliata uno spazio più squisitamente
culturale...
“Se vogliamo
catalogarla, è nel settore delle scienze umane, direi - precisa - Etnie, tradizioni, spiritualità
dell’Africa, sono già state, per questo, oggetto delle mie riprese. Ho già in
mente un prossimo progetto che riguarderà il Benin...Mi attrae, insomma la
possibilità di ‘far apparire il lontano’ come ha detto qualcuno.”
E dunque più che mai l’Africa...
“E dunque più che mai
Bottego, - rincara Franchi - figura decisamente rappresentativa, perché
incarna un prototipo di esploratore, e insieme il personaggio più significativo
per quel che riguarda le conoscenze ‘geografiche’ dell’epoca. E ancora, perché interpreta perfettamente il
passaggio da esploratore a colonizzatore. Insomma, non si può non ‘inciampare’
in lui...”
Tappa essenziale, quindi, questo parmigiano deciso quanto il
suo sguardo, per introdursi (e bando alle polemiche) nel clima di queste pagine
di storia che si fondono con l’imprudenza e la sfida, più o meno interessata
più o meno calcolata...
“Non dimentichiamo che
tra gli ‘amateur’, come ci piace definire gli allora viaggiatori, Bottego era
un privilegiato - chiarisce Franchi - Salvo
la prima davvero eccezionale esperienza, che lo portò ad attraversare il
deserto della Dancalia in una sfida all’insegna del coraggio, poi, nei
territori del Giuba e dell’Omo, aveva al seguito una quantità di uomini e di
mezzi. Insomma era preparato (un autodidatta che sapeva maneggiare strumenti
sofisticati) e organizzatissimo per affrontare al meglio (relativamente
all’epoca) le insidie di questi luoghi.”
I luoghi : e cioè quelli del video...
“Sì. Siamo tornati
negli stessi territori. - ricorda Franchi
- Quella regione dell’Omo che
oggi, bando ai romanticismi, è anche meta di un certo turismo, con gli indigeni
che si fanno fotografare a pagamento e così via !”
Meno pericolosa, quindi ?
“No. E’ un tormento di
caldo e siccità. Senza contare le insidie delle faide locali : noi non
siamo riusciti a raggiungere il lago Turcana per il rischio che comportano
queste lotte inter-tribali. E poi per il bracconaggio pesantissimo circolano
troppe armi da fuoco, con conseguente degrado ambientale. Non abbiamo visto
neanche un elefante.”
E il video documenta anche questo, in un aperto confronto tra
passato e attualità...
“Abbiamo voluto offrire
al pubblico una finestra contemporanea sull’Africa percorsa da Bottego. E senza
tralasciare l’aspetto antropologico - aggiunge Franchi - Non mancano infatti aspetti anche strutturali relativi a queste
popolazioni : i loro ordinamenti sociali, il rapporto con il territorio o
con gli avi, la spiritualità...”
Atmosfere non troppo diverse, certo, da quelle incontrate da
Bottego. Come non diverso è il termine che in quella loro lingua definisce l’acqua :
“Bas Narok”. Una parola sola, ma che ai loro occhi comprende tutto, lago o
fiume, mare o oceano. Una parola che titola significativamente anche questo
video.
“L’Africa d’Ottocento
era solo una linea costiera - spiega Franchi - L’interno era conosciuto un po’ di più solo dagli schiavisti. Sono
proprio gli esploratori che cominciano a capire che per penetrare nel
continente e raggiungerne le ricchezze, ci si doveva servire dei fiumi. Delle
vie d’acqua.”
Per questo è una parola che sembra ossessione europea agli
occhi degli indigeni. E si racconta di un ascaro che chiese a Bottego perché cercasse
sempre l’acqua. Forse non ce n’era a casa sua ?
Piccolo fratello, in effetti, la Parma.
Qualche cenno anche alla nostra città, nelle riprese ?
“A Parma abbiamo
filmato qualcosa nella stanza di Bottego, ancor oggi intatta, nella villa di
San Lazzaro. Della casa natale nulla ; ma del resto non vi rimane che una
lapide.”
Ma non è del fatto che venga “spolverata” o meno che si
preoccupa Franchi...
“Bottego è davvero la
punta di un iceberg su un universo storico e umano troppo dimenticato. La
conoscenza non è mai una nemica. Sarebbe bello che, anche sull’onda di queste
manifestazioni, Parma potesse rappresentare lo stimolo giusto per riprendere
questi studi.”
Rita
Guidi
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