Non sono pochi né trascurabili, i titoli riproposti o appena
pubblicati oltre a “L’ultimo teorema di Fermat”, relativi a questa matematica
che si fa letteratura.
E’ il caso, ad esempio, del romanzo-fiaba di Hans Magnus
Enzensberger, “Il mago dei numeri” (Supercoralli di Einaudi, traduzione di
Ganni E. 170 p., Lit. 24.000), che muove da una diversa, ma decisamente assai
diffusa, ossessione matematica. Un nome, una garanzia, il bel libro dalle
divertenti illustrazioni è già nelle prime posizioni delle classifiche di
vendita.
Si tratta di un c’era una volta incentrato sugli incubi di un
giovane studente alla vigilia di ogni compito in classe di questa odiata-amata
materia. Incubi che presto, però, si
trasformano in sogni, grazie all’intervento di un simpatico maghetto rosso, che
notte dopo notte riveste di un incantesimo nuovo, per il ragazzo, l’universo di
numeri.
Tra foreste di 1 e serpenti di 9, la matematica gli si rivela
allora nella sua dimensione (più autentica ?) fantasiosa, affascinante,
fiabesca. Filosofia più che calcolo, con quello spessore che così bene sa
nascondere nei noiosi libri di scuola.
Bella : come direbbe Henry J.Poincarè. Del grande
matematico dell’Ottocento, sempre Einaudi infatti ripubblica “Scienza e metodo”
(300 p., Lit. 32000)
Una raccolta di saggi
disparati, che affronta, nel secondo libro, questioni relative ai fondamenti
della matematica. In aperta polemica
contro il riduzionismo logico, Poincarè sostiene infatti l’importanza dell’intuizione
e individua nella bellezza il fattore guida nelle scoperte e nelle scelte delle
formule matematiche. Un’idea che lo conduce, nella terza parte, a fare i conti
con la crisi teorica alla svolta del secolo, e a formulare un analogo del
principio di relatività.
Qualcosa di molto vicino a quella stimolante idea di crisi,
sulla
quale fa il punto Paolo Zellini nel suo “la ribellione del numero”
(Adelphi, 179 pagg., L.35.000). Il matematico triestino, rintraccia qui la
soglia, tra fine Ottocento e primo Novecento, che condusse all’individuazione
di crepe non restaurabili nei fondamenti del pensiero matematico. “Certi a priori - scrive infatti Zellini,
accennando ad esempio a Riemann o Lobacevskij - erano semplici abitudini dell’intelletto,
cui si poteva opporre la libera immaginazione di abitudini opposte.” Numeri
improvvisamente ribelli, quindi, obbedivano (e obbediranno) solo al pensiero e
alla logica del proprio “creatore” ; pronti però a piegarsi a logiche
altre, a verità altre. “Noi siamo di razza divina e possediamo il potere di
creare”, scriveva il qui citato Richard Dedekind, nel 1888. Non sapeva ancora
che si trattava di dèi di un potere esatto, ma solo per se stessi : e da
qui nuove sfide, nuovi sogni, nuove domande e nuove infinite ossessioni.
Infinite : noi, per iniziare, ci fermeremmo qui.
Rita
Guidi
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