Questo è il nostro
errore. Suprema ignoranza, per il credo buddhista, da cui originano tutti i
dolori.
E vacuità ed essenza, dolore e serenità, sono proprio al
centro del volume “Il senso dell’esistenza”, il cui autore è il Dalai Lama in
persona (Rizzoli Ed., 151 pagg., L.24.000). Lettura impegnativa quanto il
titolo, la trattazione si snoda sul percorso spontaneo di una serie di
conferenze tenute dal Nobel tibetano alla Camden Hall di Londra. Tre giorni e
cinque sessioni per confrontarsi su una certa idea della vita. Con semplicità e
rigore. Praticità e sorriso (a chi avesse dei dubbi segnaliamo che l’introduzione
è di Richard Gere).
Martedì : sguardo sull’orizzonte del mondo. Dalla
prospettiva di questo lembo di terra d’Oriente, c’è la preoccupazione per le
sofferenze di tutti. E la lucidità per quel meccanismo esatto che le produce.
Dicevamo, no ?, dell’ignoranza. E’ lei che confonde le
nostre prospettive. Ci illude di desideri, come se le cose possedessero una
propria intima essenza. Ci fa scambiare il vuoto di tutti i piccoli oggetti che
quotidianamente inseguiamo, per qualcosa di “vero”, come se fossero realmente
utili al nostro vivere.
“Non è che la vita
‘sia’ un’illusione - spiega il Dalai Lama - è ‘come’ un’illusione. Per esempio, una cosa effettivamente transitoria
può apparire permanente ; può succedere anche, a volte, che delle fonti di
dolore ci appaiano come fonti di piacere. Sono esempi del conflitto tra come le
cose sono in realtà e come ci appaiono. In relazione alla realtà ultima -
prosegue il Dalai Lama - gli oggetti
sembrano esistere intrinsecamente, ma in verità mancano di questa esistenza
intrinseca.”
Non saperlo è dolore. Per questo, attorno alla preziosità di
questo insegnamento, è fiorita una leggenda. E si racconta del dono splendido
di una veste tempestata di gioielli, di un re ad un altro re. Assai più
“povero”, quest’ultimo, non sapendo come ricambiare, chiese aiuto al Buddha. Il
consiglio fu di inviargli un grande dipinto, che raffigurasse la ruota
dell’esistenza ciclica. E “si dice - conclude la leggenda - che dopo aver
ricevuto e studiato il dipinto, il re abbia attinto la comprensione.”
Ricchezza non confrontabile, in quel dipinto l’ignoranza è
raffigurata da un vecchio cieco e zoppo. Ed è solo una delle dodici immagini
che simboleggiano gli altrettanti anelli fonte del dolore umano. Un’iconografia
complessa per un ciclo esatto. La visione buddista, del resto, ha un rigore
davvero matematico.
“Uno studioso buddhista dell’Occidente - afferma infatti il
Dalai Lama - mi ha detto che il buddhismo non è una religione : è un tipo
di scienza mentale.”
Opinione lecita, nel momento in cui ad ogni azione si
riconosce un preciso effetto, ed è la mente, il pensiero, la volontà, a giocare
un ruolo essenziale.
Ad esempio per come uscire da questo circolo vizioso, e far
crescere la vita fino ad annullarla. Il mercoledì dice queste risposte. Una
pratica non facile ma possibile. Vincere l’ignoranza, non soccombere alla
collera e all’aggressività, sfuggire alla brama e all’odio, sembrano, nelle
parole quiete e senza enfasi del Dalai Lama, sentieri da percorrere
innanzitutto per se stessi. Egoisticamente, verrebbe da dire, se non fosse che
proprio dall’egoismo conducono a salvarsi. Perché desiderare, se questo provoca
in noi sofferenza ? Perché odiare un nostro nemico, se è invece a lui che
dobbiamo la nostra capacità di sapere o meno operare la carità e la pazienza ?
La pazienza. E’ questa una delle sei perfezioni ricordate dal
Dalai Lama, il giovedì. E forse la prima da inseguire, per non rinascere in un
corpo più brutto, in un animale più basso, in uno spettro infernale, come dice
chi appartiene a questo credo. O semplicemente
(e finalmente) per vivere, come possiamo dire tutti.
Se posso fare qualcosa per rimediare ad una certa situazione,
perché preoccuparmi ? Se invece non posso farci niente, nemmeno
preoccuparmi può servire a qualcosa...
E’ questa saggezza tranquilla, che affiora dopo queste
pagine. La voglia che resti. Per questo è un libro che può essere utile.
Soprattutto a chi buddhista non lo è e tantomeno pensa di diventarlo. Il Dalai
Lama ha qualcos’altro in mente, ed emerge chiaro dalla spontaneità (a tratti
ironica e sorridente) con cui risponde alle domande degli intervenuti a quell’incontro,
e qui fedelmente trascritte da Olivia Crosio che cura l’intera traduzione. C’è
qualcosa che ovunque e sempre, nell’Occidente quotidiano come nello
spiritualissimo Tibet, può essere utile a qualsiasi uomo. Con il ragionamento o
con la fede, per un improvviso desiderio, o attraverso un lento cammino, il vero
senso dell’esistenza è una meta certa per la serenità e la saggezza di tutti.
Rita
Guidi
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