Tutto lo spazio che passa tra due oceani. L’America è grande
quanto un immenso contenitore di luoghi e di persone. Caleidoscopio di
umanità ; luci, ma anche tante
ombre di troppe combinazioni.
Gli States sono questo. E sono, quindi, anche quello che racconta
Vittorio Zucconi, nel suo “Storie
dell’altro mondo”, che esce ora nella collana “Ingrandimenti” della Arnoldo
Mondadori Editore (185 pagg. ; L.25.000).
Quella faccia nascosta dell’America, cioè, come recita il
sottotitolo, che non ha esattamente quel profilo invariabilmente
giovane-sorridente-felice, fotocopiato dalla sognante iconografia di tanti
telefilm “californiani”.
O meglio, in queste pagine non manca a volte nemmeno quella
inconfondibile superficie, fatta di jogging, lifting e vitamine ; assente
costante è piuttosto l’”happy end”, quel lieto fine che più di ogni altra cosa
contraddistingue il mito americano.
In queste cinquantatré storie, che attraversano
“coast-to-coast” quell’universo come brucianti istantanee, si legge insomma
un’altra più brutale, profonda, eterna, umanissima verità. Perché sono cinquantatré
vicende, ritagliate da altrettanti fatti di cronaca, solo qualcuna rimbalzata
fino a noi per il clamore di una qualche copertina, che Zucconi sceglie e
riscrive con consumata abilità di scrittore. Regista, verrebbe da dire, in
questo caso, dal momento che distilla in poche, pochissime pagine (due, tre,
mai più di quattro), frammenti di esistenze ; ma in cinemascope, e,
sempre, depistando il lettore (spettatore) in vista della sorpresa finale.
Nulla, comunque, di troppo costruito : “ I racconti - chiarisce subito l’Autore
nelle sue iniziali Istruzioni per l’uso - sono
tutti basati su vicende realmente accadute. Essi non sono novellette e non
riflettono la comoda fantasia dell’Autore, ma la inflessibile e meravigliosa
durezza della vita quotidiana.”
Una durezza inflessibile e meravigliosa : già in questa
contraddizione, o comunque nella contraddizione, potremmo rintracciare allora una
certa costante di questa umanità.
Com’è il caso di Colleen, giovane moglie e fresca mamma
“all’antica”, che preferisce portare sempre con sé il suo piccolo piuttosto che
abbandonarlo alle cure estranee e pericolose di una qualche sconosciuta
baby-sitter. Per questo vorrà accanto il figlio, anche quando si troverà
costretta a riprendere, insieme al marito, il proprio lavoro. Quale ?
Rapinatrice di banche. Oggi ospite delle prigioni di stato per il capriccio
rumoroso e inopportuno del bebè lasciato sulla macchina che doveva servire alla
fuga...
E ancora, non mancano qui, alcune righe sui fatti celeberrimi
della bimba più bella d’America, e di una radiosità spezzata dalle ciglia
finte, dai dollari e dalla morte ; o di Anne Nicole Smith, episodio anche
questo ripreso da Zucconi, e anche questo adombrato dalla finzione (non delle
ciglia), dai dollari e dalla morte.
Nomi familiari arrivati fino a noi, questi, che sono però
eccezione nel libro. Gli altri, “sconosciuti”, sono la personificazione anonima
di un simbolo, un nome e un cognome prestato a sogni folli o perversi, a quanto
di più tragico o comico esista nella condizione (commedia) umana. Protagonisti
di storie che vivono di vita propria, senza essere necessariamente passati per
una qualche copertina di quella americanissima realtà. E semmai conseguenza di
essa : del mito dell’immagine e del denaro ; della contraddizione
(ancora la contraddizione..) tra intransigenza e libertà : quell’intransigenza
che fa condannare una ragazzina perché a scuola ha inghiottito un cachet
(dunque pillola, dunque droga...), e quella libertà che difende anche le
nefandezze trasferite esattamente come i più asettici dati su Internet, e che
spingono le frustrazioni di una giovane donna non esattamente piacente, al
suicidio sessuale volontario. Un altro media, che Zucconi non manca di
ricordare ; oltre ad un quinto potere presente in un’altra emblematica
storia di esistenze usa-e-getta, utili solo all’audience di giornali e tivù.
Non è questa l’America, verrebbe da dire, rifugiandosi nello
spazio prezioso e necessario delle nostre fantasie. E certo non sarà solo
questa. Ma il peggiore sospetto è un altro : nell’eco curiosa, fosse solo
di due o tre vicende, che risuona simile, così simile a quanto accade anche qui
“da noi”. Come se, a nove ore di volo, non ci fosse poi un mondo così altro.
Rita
Guidi
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