Forse potremmo etichettarli come esploratori, e slegarli da
questioni di età o di studio. Sono gli innamorati dei bronzi di Riace, i
viaggiatori dei luoghi e delle radici, quelli che hanno bisogno anche del tempo
per conoscere lo spazio. Gli archeologi oggi, insomma. O gli archeomani, per
allargare il raggio, con questo termine un po’ meno tecnico, anche ai soli
appassionati oltre che agli autentici specialisti.
Un raggio sempre più ampio, tra l’altro, anche per “colpa” di
una diversa immagine, che l’archeologia si è appunto andata costruendo, attraverso mostre,
film, riviste.
Come ad esempio “Archeologia viva”, più che una novità una
tradizione, nel panorama divulgativo archeologico, dal momento che compie
proprio in questi giorni quindici anni esatti esatti.
“E’ stata la prima
rivista specializzata che ha sottratto questa disciplina alla sua ‘torre d’avorio’
- spiega il direttore (e fondatore, con Sergio Giunti) del bimestrale, Piero
Pruneti - facendone un tema di largo
interesse nel tessuto sociale e culturale del Paese.”
Un interesse che misura trentacinquemila copie, per
ventiduemila abbonamenti. Pagine
illustrate da leggere bene : notizie
e articoli sono infatti accessibili e chiari senza nulla sottrarre ad
una accurata attendibilità scientifica. Archeologia viva, appunto.
Mostre, studi, scavi, diventano così un chiaro invito al
viaggio : nel tempo e nello spazio. Questi esploratori preferiscono così.
Rita Guidi
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