Il suo nome è già scritto nello sguardo rotondo dei suoi
putti e amorini. Allegri. Quell’Antonio Allegri detto da Correggio, che spesso
amava firmarsi anche Lieto (o “Leto”, latinamente, come tanto piaceva
all’universo umanista).
“Il Correggio in una
parola ? ‘Joy’, gioia”, conferma infatti anche David Ekserdjian,
autore dello splendido volume dedicato
all’artista, edito da Pizzi per Parmalat.
Un sunto, insieme, della tanta (ma non tantissima)
pubblicistica sul parmigiano pittore, come di vent’anni della sua vita.
“Ho iniziato ad
appassionarmi al Correggio da quando avevo diciassette anni - spiega
Ekserdjian - All’arte poco prima :
frequentavo l’Università per stranieri a Perugia, quando con altri amici
visitammo gli Uffizi, a Firenze. Da quel momento decisi cosa avrei voluto fare
della mia vita.”
Londinese di nascita e di residenza, Ekserdjian (la pronuncia
esatta, facile al di là delle apparenze, è Eksergian, per l’evidente radice
armena del cognome paterno ; la madre è invece scozzese), inizia da allora
un percorso rettilineo verso il nostro Cinquecento. Fino ad incontrare, per
forza, per destino e per caso il meno consueto artista nostrano...
“Forse per questa mia
prima esperienza giovanile,
istintivamente per me l’arte italiana è l’arte del Rinascimento -
racconta Ekserdjian - Voglio dire che se
spesso, negli studi artistici, può
capitare di viaggiare a ritroso, io ho preferito cominciare da lì per arrivare
a tutto il resto, Impressionisti o Van Gogh compresi...”
E il Correggio ?
“Il Correggio mi è
sembrato da subito quasi un fatto personale - sorride l’autore - nel senso che, sempre dall’Italia e
sempre nel ’74, andai a trovare mio fratello, che abitava a Bruxelles.
L’indirizzo ? Rue Le Correge ! Gli chiesi chi era, e da allora
iniziai a guardare con sempre più attenzione i suoi quadri ; ad inseguirli
anche. Fu proprio in quell’anno che visitai per la prima volta Parma.”
Una tappa imprescindibile, come ha detto qualcuno, per
conoscerlo...
“Indubbiamente. Solo
venendo a Parma lo si può davvero apprezzare e studiare ; ci si può
‘convertire’...”
Un termine curioso...
“Un termine
calzante : è ciò che ho provato io da ragazzo, ed è ciò che credo provino
tutti, da quanto mi raccontano, gli amici che consiglio di venire qui.”
Soprattutto dove ?
“Soprattutto nella
Camera di San Paolo - Ekserdjian non ha un attimo di esitazione - Un’opera che resta nella memoria di tutti,
per l’essere insieme splendida, ma anche leggera e divertente.”
E’ così, epidermicamente, anche per lei ?
“Non è il capolavoro in
assoluto, ma... sì, anche a me piace particolarmente. Insieme al Correggio
mitologico, (quello dell’ “Io” di Vienna ad esempio) : quel Correggio
maturo, che considero ancora più grande di quello religioso”.
Che pure, Ekserdjian, conosce benissimo. Dopo la laurea in lingue
moderne e medievali (francese, tedesco e italiano a Cambridge), ha proseguito
gli studi in uno dei più prestigiosi luoghi dell’arte dell’Università
londinese : il Courtauld Institute.
Tesi del dottorato : le pale d’altare del Correggio. Motivo che
certo non manca di comparire anche in questo suo ultimo libro, con tutto
l’approfondimento che può derivare da un lungo periodo trascorso a Oxford come
professore, ovviamente, di storia dell’arte del Rinascimento italiano, e prima
di passare, nel ’91, ad un altro (in ogni senso) tempio artistico, quale è il
comunque londinese “Christie’s”...
“Contrariamente a
quanto ritenuto da molti, come ad esempio dal Gould che lo definiva troppo
frivolo - afferma e scrive a chiare lettere Ekserdjian - il Correggio è anche un grande artista
religioso. Certo, celebra piuttosto la gioia religiosa ; e ha un modo di
comporre caratteristico (sia nei soffitti che nelle pale d’altare) in
diagonale, quasi rappresentando in modo teatrale i personaggi...In ogni quadro
è per questo necessario chiedersi che cosa fanno... Ma è comunque un grande
poeta della gioia religiosa.”
Anche per questo ha scritto il libro. Per riordinare un po’
le idee, raccogliere, discutere, fare il punto su un artista così
“marginalmente” grande...
“Esistono pubblicazioni
e studi dedicati ai disegni preparatori del Correggio ; oppure ai suoi
dipinti ; o ancora a qualcuno soltanto dei suoi affreschi - spiega - La mia prima ambizione è stata allora quella
di fare non un catalogo ragionato (perché anche quello esiste già) ma un libro
che desse spazio a tutto, che consentisse di aprire una discussione su tutto.”
Un punto d’arrivo e di partenza, insomma : con quali
“novità” ?
“Più che novità le
chiamerei precisazioni, recuperi. - precisa - Tentativi di capire e approfondire cose spesso neanche discusse. Ad
esempio, riguardo alla tradizione iconografica secondo la quale si rappresenta
un santo ; nel caso del Correggio è un aspetto spesso trascurato o
dimenticato. Caso emblematico proprio la cupola del vostro Duomo, sotto la
quale, nei pennacchi, sono affrescati i quattro santi patroni. In tutti i
libri, uno è descritto come San Tommaso e invece è San Giuseppe.
Interpretazione che troviamo solo nel Vasari, e che ho trovato giusto
riprendere.”
Errori minori o che derivano dal fatto che forse il Correggio
è considerato un “minore” ?
“L’errore vero è
pensare che su di lui sia già stato detto tutto ; e invece anche solo sul
piano dei dati, della documentazione, è straordinario quante cose ancora
saltano fuori. Proprio qui da ‘Christie’s’, pochi giorni fa, abbiamo venduto un
disegno che non si conosceva... Nessun dubbio, comunque, sulla sua grandezza :
nel Settecento era famoso quanto Raffaello, ma in queste cose ogni epoca
subisce anche l’influenza del gusto..”
E a lei, del Correggio, cosa piace di più ?
“Il modo in cui
cambia, cresce, si sviluppa. Sembra che
compia un passo in avanti ad ogni quadro.”
E su ogni quadro Ekserdjian accuratamente indaga ;
illustra i rapporti con la committenza ; riflette sulla forza di una
personalità che pur anticipando il Barocco è assolutamente figlia del proprio
tempo ; invita alla discussione : un libro come il mio, dichiara, non
può mai essere l’ultimo. Il volume,
però, anche se frutto di uno sguardo ormai ventennale, si ferma alle soglie
dell’artista, essendo “nascosta” tutta lì la storia invece dell’uomo...
“Di Antonio Allegri non
resta nulla : non una lettera né un cenno. Solo il Vasari, in qualche
riga, scrive di un carattere triste e malinconico. Può darsi, non so...”
Il tono dubbioso rinvia il pensiero a quella luce dorata, a
quei putti paffuti...
“Però sono quasi certo -
conclude Ekserdjian - che sarebbe stato
un piacere andare a cena con lui.”
Rita
Guidi
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