Ma non, nel nostro
caso, per l’essere un qualsivoglia rampollo. Anzi. Con quel “buona”, intendiamo
questa volta la radice forte che insegna il sacrificio e la pazienza, la fatica
e il sogno, sempre e comunque tutto da guadagnare.
Walter Mandelli è cresciuto così, come racconta oggi lui
stesso, in questo “Ricordi di fonderia”
fresco di stampa per la collana “Gli Specchi” di Marsilio (182 pagg.,
L.26.000) ; da una famiglia buona di slanci e forte di avventure, tanto da
passare nel giro breve di una generazione, dalla condizione operaia a quella di
imprenditore. E la singolarità del libro ci sembra proprio qui, nell’oscillare
costante e sempre ad un passo dalla contraddizione, tra queste due diverse
frontiere. Universi sociali distanti, per ideali e obiettivi, che pure trovano
qui, fin dove i tempi lo hanno reso possibile, una paradossale conciliazione.
Fin dove i tempi lo hanno reso possibile significa che il
libro non si ferma ai personali ricordi di Walter, ma indaga più indietro, in
quelli del padre Giovanni, tra le pieghe di quel primo Novecento che si legge
quindi attraverso questa così
particolare cronaca. O diario, se preferite, perché l’autore pubblica
esattamente qui, accanto ai propri, i ricordi paterni come li aveva letti e
riletti nelle pagine di qualche vecchio quaderno.
“La vita di mio padre
sembra un romanzo - scrive Mandelli Jr.
- E infatti prima di morire volle scriverla. Io la conoscevo già ma quando l’ho
letta non ho potuto fare altro che rileggerla e rileggerla ancora. Perché è
fantastica, ed è la storia delle Fonderie Mandelli prima di me.”
Non ci sorprenda l’entusiasmo. Walter è forgiato (è il caso
di dirlo) da quegli umori familiari di cui si diceva. Da un papà e una mamma
che graffiano la vita nella Torino operaia, all’alba del secolo e
dell’industria ; si conoscono sulle barricate delle sommosse del
1917 ; e lei la chiamavano la Vergine Rossa...
“La Giovannina era là -
scrive Mandelli - E c’era pure un
tizio, non un signore, un tipo con l’aria da operaio, sempre vestito di scuro,
con addosso l’unica giacca del suo guardaroba, una giacca sdrucita ma pulita
con il colletto della camicia lindo, con quei colletti duri che si portavano una
volta, con i baffi e la testa già pelata...”
E cioè Giovanni. “Rosso” anche lui, oltre che abilissimo
fonditore, tanto da essere presto pronto e deciso a mettersi in proprio...
La radice. Per comune denominatore la sfida, la
“dinastia” Mandelli origina infatti dalla sua testardaggine ; da quando
fin da piccolo, forte dei suoi dodici anni e della sua borsa di fustagno
giallo, diviso tra scuola e lavoro, impose al padre con una sorta di sciopero
bianco, di portarlo a lavorare con lui, in fonderia. Molto molto tempo prima
che diventasse propria...
“Tra quella borsa di fustagno
giallo e gli inverni a San Remo c’è un’epopea”, sottolinea infatti Walter.
Una storia di sfide, quindi ; con quel gusto del
traguardo che l’autore eredita pari pari, così come l’amore per le fonderie...
“La gara, che sia di sci o di golf - scrive
infatti
- di calcio o di azienda, mi esalta sempre. Mi piace partecipare e, se
riesco, vincere. Tra parentesi anche adesso mi sento un po’ in gara. Anche
raccontare le mie vicende è una specie di sfida.”
Anche se è un’altra storia. Là l’Italia antica di abiti
rivoltati e biciclette, di operai. Qua, come se la soglia di un qualche
decennio fosse infinitamente più ampia, quell’altro ieri che è già oggi. Con i
nomi dell’attualità e della politica ; o anche del calcio. Perché Mandelli
è stato, oltre che imprenditore, dirigente dell’AMMA, della Federmeccanica,
della Confindustria ; ma anche della Juve...
E per questo ci porta, con più di una pagina, dietro le
quinte di un mondo sportivo non solo fortemente contemporaneo, ma anche, nel
bene e nel male, pienamente parte del nostro modo di essere società. E di
essere Italia. Nel raccontarsi, Mandelli attraversa luoghi che si chiamano
Torino e Roma, chiacchiera di Spadolini o di Agnelli, Lama o De Benedetti...
Parla di un orizzonte cresciuto sotto i suoi occhi, che ha ormai colori diversi
da quelli che conosceva e si aspettava.
E parla di equilibri
ormai impossibili. Di scelte tra le sue grandi passioni, industria e politica.
“Probabilmente - spiega - io non sono mai stato tagliato veramente
per la politica. In politica si deve
vincere , è un obbligo, è una strada che va seguita fino in fondo senza
incertezze. A me invece attirano molto le grandi schermaglie ideali, le lotte
difficili, quasi impossibili. A me
insomma piacciono pazzamente le famose cause perse...- Alla fine - prosegue più
oltre - ho scelto di non impegnarmi con nessuno. Ho scelto di essere
industriale e basta.”
Fine delle lotte, di un rosso sbiadito ai suoi occhi già alla
fine degli anni Cinquanta ; fine di un equilibrio e di un’eco
familiare ; fine dei ricordi. Non delle sfide, certo ; e la storia
più recente che affiora in queste pagine è comunque utile specchio del nostro
presente. Però è altra superficie. Anche se, magari, più liscia. “Quando le cose vanno bene, non succede mai
nulla di veramente interessante - sottolinea appunto Mandelli”
Forse, allora, non è un caso che il volume si chiuda sulle
pagine trascritte di Giovanni. O meglio sulle più antiche e bonariamente
familiari parole che concludono con una dedica quel racconto : “Alla mia Giovanna, le auguro che si alzi
ancora per molti anni borbottando ma d’accordo col suo Giovanni.”
Rita
Guidi
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