La tranquillità di un ordine, dietro al caos apparente. Come
dire il sapore dell’acqua, dopo la sete.
Lascia questa sensazione esatta, il libro di Beppe Sebaste,
“Porte senza porta” (collana Le onde, di Feltrinelli come il suo precedente “Niente
di tutto questo mi appartiene”), che trovate da oggi in libreria.
E’ un viaggio : ma nulla a che vedere con i consueti,
seppur splendidi, orizzonti simbolici. Un percorso immobile, allora meglio, in
quanto le strade sulle quali l’autore si muove sono solo una distanza inutile e
necessaria. Lo spazio fisico destinato a
condurlo da coloro che gli offriranno una nuova partenza.
Perché non sono una
mèta, ma un inizio, i maestri. Sono esempi di noi. Demiurgi degli altri. Soglie
invisibili che conducono a impararsi. E
imparare a impararsi è proprio il traguardo senza arrivo che Sebaste insegue
attraverso questi quattordici incontri con altrettanti maestri. Non
necessariamente “grandi”, non indispensabilmente famosi, sono proprio coloro
che sfuggono immediatamente ad ogni catalogazione o banalità. Perché non
insegnano ma educano ; ed è una luce che possono irradiare “tutti”.
“Mia intenzione -
scrive Sebaste nelle belle pagine introduttive - è suggerire che i maestri esistono, che sono o possono essere a portata di mano, nel raggio di una comune
esperienza quotidiana.”
Per questo chiede scusa a un’animatrice e ad un istruttore di
nuoto, a un monaco, e soprattutto ai bambini... “veri iniziatori degli adulti, - dice - creatori di padri e di madri ( e non il contrario)”. E quindi si avvia, a raggiungere quanti
ha deciso, in questo libro, di ascoltare e riportare. Quattordici tappe di un cerchio che non
dimentica Parma ; anche sua città, che abita ora solo a tratti, diviso tra
Parigi, Pietrasanta e anche Bologna, per impegni universitari.
Il primo incontro è ad un passo dalla bellezza dolorosa e
necessaria del deserto. E non è casuale l’appunto di un viaggio precedente che
l’autore ritrova in questa occasione : “...non
so perché mi trovo qui, se non che mi sono perso già molto tempo fa, - vi
si legge - e sono venuto qui per perdermi del tutto, e
così forse ritrovarmi : uscire dal deserto come parola, come metafora, per
trovarmi nel deserto reale...”.
La distesa di sabbia è, un anno dopo, per lui, lontana
intorno a Gerusalemme, oltre la terrazza sulla quale incontra Bruno Hussar, il
primo maestro. Padre Bruno, cioè :
missionario ? Monaco ? Come definire questo fondatore dell’Oasi di
Pace, che accoglie senza esclusione ed in aperto dialogo ogni religione e
appartenenza ? Sebaste ne rintraccia in queste undici pagine la
peculiarità e l’insegnamento. Un vero uomo di fede, un amico delle nuvole...
“E’ l’idea della nuvola
che si alza ad indicare il cammino - scrive Sebaste - ...qualcosa come una lieve, mai ingombrante,
serena speranza...Il contrario della progettualità, del progetto tecnocratico...”.
Ma non è solo questa del sacro, la sfera (seppur
privilegiata, come sottolinea apertamente l’autore) in cui Sebaste rintraccia i
propri maestri. Di più, invita a non porre confini, soglie. Manualità e
pensiero, corpo e spirito non amano scissioni.
Maestro sarà allora Steve Paxton e la sua danza, come Fausto Taiten
Guareschi e il suo zen; Bruno Munari e i suoi oggetti, come Terry
Riley e la sua musica; Alessandro Fersen e il suo gesto teatrale,
terapeutico come quello di chi opera nella Lega del Filo d’Oro ; ancora Cesare
Barioli e il suo judo come Kar Fung Wu-Santaro e il suo qi-gong ; quindi
Emmanuel Levinas, e il suo pensiero, come Elizabeth Bing e la scrittura, o
Luigi Ghirri e l’immagine, la fotografia.
Per ognuno un capitolo, un incontro, un dialogo. Un viaggio
che è una sosta. Sguardo mai scontato sul quotidiano. Sapore dell’acqua.
Ritorno a sè. E le parole belle, attente
ai particolari.
“Ma dimmi, - fa
dire ad esempio a Riley - hai suonato le
tablas o hai suonato con le
tablas ?”
E lui, nei ringraziamenti, scrive : “Alla fine di gennaio del 1996 ho appreso
della morte di colui che, dopo i miei genitori, fu il mio primo, vero
maestro : il maestro di scuola elementare Giuseppe Torelli di Parma, a cui
devo quasi tutto. Questo libro è anche per lui, come si dice di una suonata per pianoforte.”
Un libro per. Attraverso. Oltre le soglie invisibili della
propria esistenza.
Rita
Guidi
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