Il nostro mondo a colori di oggi comincia lì. E la
locandina di questa mostra sugli anni Cinquanta, sottolinea anche in questa
scelta il suo invito alle mille bolle di un tempo, tanto essenziale, quanto
sulla soglia. Fermi sulla storia e
appena nati al presente, quei dieci anni sono infatti la nostra metà :
dividono, lunghissimo, il secolo, ma si sposano già con quelle che saranno le
nostre abitudini.
Anche per questo, per rintracciarne il peso e la (difficile)
dolcezza, i colori, il Gruppo Giovani dell’Industria Parmense, il Comune di
Parma e Banca Monte (che da oggi al 14
giugno offre per questo ai visitatori gli spazi di Palazzo Sanvitale), hanno
dato vita a questa importante iniziativa.
Bando allora a parentele col modernariato, nemmeno una
concessione alla nostalgia, questa esposizione su “Parma anni ‘50” vuole essere
un utile, appassionante, suggestivo percorso tra gli “avvenimenti, le
atmosfere, i personaggi” (come giustamente sottotitola l’evento) di quel
decennio.
Da un più serioso mappamondo di notizie alle vetrine di moda,
dal nuovo e troppo-nuovo design a quei sogni in pellicola che hanno davvero
ricolorato il mondo dopo il lungo rullino negativo della guerra, questo ritorno
al passato prossimo è ripresentato proprio tutto ; sintetizzato, spiegato,
riordinato in spazi tematici essenziali (primari...) così come l’hanno voluta i
curatori. L’idea, di Alfredo Corradi, è stata infatti coordinata da Lara
Ampollini e Giancarlo Gonizzi. Responsabile anche, quest’ultimo, del progetto
editoriale dello splendido catalogo edito dalla PPS ; un vero e proprio
libro, meglio, che dall’esposizione trae solo l’input per un discorso senza
scadenze, puntuale e completo, sul decennio. Le firme sono di Baldassarre
Molossi, Bruno Rossi, Giuseppe
Marchetti, Antonio Cellie, Gianni Capelli..., in un lungo elenco di
personalità ; la grafica è sciolta ed elegante. Citazione anche questa di un mondo, e che è
ripresa poi, evidente, nelle scelte dell’allestimento...
“Era la filosofia più
opportuna - spiega l’architetto Marco Zarotti, che, con Alberto Bordi e
Sauro Rossi, ha firmato il progetto espositivo - Occorreva “comunicare” questi anni ’50 non solo con il contenuto ;
quindi farne rivivere lo spirito non solo attraverso i documenti rimasti, ma
anche con una più complessiva cornice. E attingendo proprio all’eleganza e alla
freschezza grafica del periodo.”
Figure scontornate e pannelli densi di “mitiche” immagini
giganteggiano vive, come i sorrisi di un’età che preferiva grattacieli e strade
per le proprie cartoline, piuttosto che i monumenti o i palazzi cui siamo oggi
abituati. Non per superficialità, no, ma per voglia di nuovo, laddove il
passato era maceria di guerra non ancora ricordo. Meglio allora la fòrmica, gli
scooter, i colori...
Degli abiti, ad esempio. Sull’onda delle radio nuove nuove
anni Cinquanta, che diffondono in questi spazi le voci e le notizie di allora,
una delle prime tappe è proprio lì. Tra le vetrine firmate Sorelle Fontana.
Prima voglia d’Italia nei sogni da indossare. E prima Parma versione nazionale
di un’età che l’ha vista decisamente protagonista. Città piccola,
d’accordo : oltre la soglia che idealmente la raccoglie e la racconta
urbanisticamente com’era in una grande piantina, ci sono i tavolini di Bizzi,
puntualmente gigantografati. Pochi metri di una sola piazza, è vero, ma personalità
grandi e tante. Da Attilio Bertolucci a Pietrino Bianchi, un certo pensiero
passava anche di qua. E non tardava a farsi “filosofia”, innovazione...
“E’ davvero questa la
parola d’ordine di quegli anni - sottolinea lo stesso Gonizzi, che
ripercorre con noi queste sale - Nulla a che vedere con l’improvvisazione,
nasce anzi dalla lunga esperienza del passato. Ma accelera proprio
straordinariamente in questi anni. Come se un certo mondo di idee, di
possibilità, fosse rimasto compresso, schiacciato dalla durezza degli anni precedenti.
E qui esplodesse.”
E qui esplode : la bic e il frigo, la “Lettera 22” ,( il
mito, ebbene sì, anche versione verdina o rosa della Olivetti), e insomma tutto
il design, conosce una ventata tonda e nuova, amplificata dalla pubblicità e
dalla tivù. In una parola Carosello (e, senza, cosa saremmo oggi ?). Una comunicazione
profondamente attuale quindi (e colorata, e primaria), che ci rimbalza di nuovo
a Parma. A quel Carboni che pensa l’universo blu della Barilla ; alla
stessa Banca Monte, che non è qui solo contenitore ma protagonista e
testimonial di quella crescita ; o comunque a quel modo nuovo di pensare
all’impresa che tanto dovrà ai mass-media. Lo raccontano eloquenti queste tivù,
appena prima dello scalone che conduce invece a quel più grande schermo, il
cinema, che con l’editoria abita (in tutti i sensi, appunto) al piano di sopra
di questi anni.
Venti minuti di trailer in cinemascope per inventarsi in un
montaggio il meglio delle mitiche produzioni di allora ; e poi le bacheche
con i periodici, i libri della gutemberghiana tradizione parmense, sotto i
dieci articoli dieci dei giorni più immortali, gigantografati in altrettante
Gazzette.
Un corridoio per l’arte, una sala per il teatro...abbiamo
dimenticato lo sport ? E’ di nuovo giù, accanto a quella “Vespa” che
basterebbe da sola a suggerirci un ambiente.
Chi non ha sognato vacanze romane ?
E, alla fine, chi non
sogna questi anni ? Questo presente lontano ? Questo non
come-eravamo, verrebbe da dire, ma come-siamo ?
“Una nostra sensazione
costante è stata proprio questa - afferma infatti Gonizzi, che ha raccolto
per circa due anni il materiale utile alla mostra - Di una curiosa continuità tra quegli anni e i nostri. Come se i decenni
“in mezzo” avessero interrotto questa complicità di proposte e di bisogni...Di innovazione, quindi, ma soprattutto e
sempre di qualità”
Qualità prima che consumo, eleganza prima che esibizionismo,
novità prima che avanguardia. I tondi, colorati anni Cinquanta, volevano
innanzitutto questo. Un bisogno primario. Il colore più nuovo.
Rita
Guidi
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