Gioca anche su questa contrapposizione, un gradino romantico
più in alto della quotidianità, la narrazione di questo “Oltre il cielo” ultima
fatica di Catherine Spaak.
E dimentichiamoci il
nome. Perché solo astraendo almeno in parte dall’immagine della conduttrice
televisiva di “Harem” nonché protagonista di tanti film (uno per tutti l’ormai
lontano “La parmigiana”), riusciremo a tentare una lettura non viziata di
questo romanzo.
Non esordiente (abbiamo parlato di “ultima fatica”, appunto),
la Spaak ha già pubblicato “26 donne” (Mondadori ’84), “Da me” (Bompiani ’94) e
“Un cuore perso” (Mondadori ’95). Eppure “giovane” autrice sì : come lo è
chi solo a tratti raggiunge un buon equilibrio nel racconto, e trasforma la fantasia
di una vicenda in una letteraria verità.
Pagina 61, capitolo 11 : Nina, la protagonista, entra
nella “casa della foresta”, collegio dorato e rigoroso, cui può accedere non
certo per nascita ma in quanto accompagnatrice della “rampolla” Tigranne.
L’episodio più convincente è qui. Anche se è solo uno tra gli
altri, a rivelare l’indiscussa ricchezza (e non si parla di denaro) di questa figlia
di una cuoca. Intelligente, bella, distaccata, ottiene quel diploma e quegli
sguardi, che nessuna ascendenza alto-borghese può garantire alla sorellastra.
Sorellastra sì, (sorellastra forse), perché qui le acque si intorbidano tra i
deliri di un maestro pittore, (forse padre), innamorato e impossibile amante, e
la pazienza saggia di una madre sempre presente, anche se umile e lontana. Un
certo mondo ricco e desolato è comunque fuori di lei. Distaccata, appunto, a
volte anche da se stessa, in episodi di “trance” e di sogni da cui si lascia
ogni tanto trasportare.
Più faticosi, questi ; come quelle pagine in cui l’autrice
sembra abbia un bisogno improprio di citazioni non necessarie. Di nomi che
siano sigillo della propria cultura, delle proprie letture. Non è un caso che
lei stessa abbia affermato di avere iniziato a scrivere dopo la morte del
padre, che, lo ricordiamo, è stato sceneggiatore anche di grandissimi film (“La grande illusione” di Renoir, ad esempio).
Ma non è solo questione di un confronto : sembra quasi
che per lei sia la scrittura il “primo piano” più difficile.
Rita
Guidi
Nessun commento:
Posta un commento