Non è forse un
favore fatto al mondo il tacere i segreti ? Zittire i ricordi,
ignorare un passato sepolto (ad esempio) con una giovane sposa che si cerca il
cuore con la morte ?
Tutto, così, resterebbe sempre bianco. Ognuno avrebbe “Un cuore così bianco” : ed è
proprio questo il titolo del raro (superbo) romanzo di Javier Marìas, che esce
oggi per la Donzelli Editore (la bella traduzione è di Bianca Lazzaro ;
287 pagg. ; L.28.000). Perché
càpita di leggere una bella storia, ma dietro l’intreccio nulla ; o di
seguire fascinati l’inchiostro, ma dietro la suggestione nulla.
Marìas avvince col racconto e trascina con la penna ;
penetra a scorticare l’anima e affonda nella vita ben oltre l’ultima pagina.
Il suo segreto è la parola : unica contraddizione
(licenza) possibile, perché dell’autore. Altrimenti è dannazione. Perché come
sospiro eterno d’Ulisse, la parola (la conoscenza) è un inferno. E riposo il silenzio.
Il protagonista è un uomo che vive e muore di parole, con
esse in perenne lotta. Traduttore e
interprete, vive di viaggi, prestigio, danaro con le sue quattro lingue. Ma
spesso soffre la tensione di udire : meglio, di udire male. Il sussurro è
mortale per chi deve trascrivere immediato con la voce il pensiero di un altro.
Soprattutto se Capi di Stato, rappresentanti di governo.
Così Juan ha conosciuto Luisa, che fa il suo stesso lavoro
prima di diventarne la giovane moglie.
Dal rumore dei loro quattro passi uniti è però il suo primo
malessere : prima era il silenzio dell’attesa (di vederla, di
ascoltarla...) ; prima era il pensiero zitto nella mente di un futuro
astratto.
“E adesso ?”
E’ questa la domanda che non riesce a far tacere nel cervello, fin dalla
cerimonia di nozze. Gli rimbomba come un presagio di fine ; autentico
disagio ; obbligo nuovo (artificiale) di un plurale di verbi e conoscenze. E pensare che il suo “non ho voluto sapere, ma ho saputo...” è la prima frase della prima
riga di pagina sette al capitolo uno, che apre come una chiave la porta del
libro.
Ricorrente come molte altre, però : in un cocktail
perfetto, Marìas, le disperde e le raccoglie abilissimo. Accanto infatti ai
segreti e alle parole ‘da non sapere’, mute, ci sono i gesti più piccoli, le
mani sulle spalle, le nenie cantate, i particolari che trafiggono, eterni,
eterne storie di vita, di amori. Perché,
ad esempio, i sussurri possono essere mortali. Ben più che per la fatica tesa di un
traduttore... “La lingua all’orecchio è anche il bacio che convince di più - fa
dire, spesso, al protagonista Juan, Marìas - La lingua che esplora e disarma, quella che sussurra e bacia, quella
che quasi costringe.”
C’è stato un sussurro tra Lady Macbeth e il marito, in una
celebre pagina di Shakespeare ; un altro nella stanza accanto, due amanti
oltre il muro d’albergo del viaggio di nozze di Juan ; altri ce ne
saranno, sempre. Ma soprattutto uno grida oggi al suo presente da un lontano
passato : un sussurro d’amore e (quindi ?) di morte tra suo padre e
quella che ne divenne la seconda moglie. La zia conosciuta solo dalle foto
della sua infanzia. Quella che un giorno si cercò il cuore con la morte, appena
al ritorno dal viaggio di nozze.
Attorno a quei sussurri e a quel sangue si raggruma la
storia, il malessere, il presagio di Juan. I suoi sospetti e paure, il terrore
rosso di conoscere.
“Ascoltare è la cosa
più pericolosa, - scrive Marìas, e ripete Juan - è sapere, è apprendere ed
essere al corrente, le orecchie non hanno palpebre che possano chiudersi
istintivamente davanti a ciò che viene pronunciato.”
Il cuore è improvvisamente colpevole di udire, il riposo
negato, il silenzio non più bianco.
Dove i volti e le storie si confondono, dove i confini del
libro sono più astratti e universali benchè calati tra i personaggi del
romanzo, c’è allora un’improvviso caos assordante, un orizzonte urlante in cui
tutto è inganno : inaffidabili le parole degli interpreti (anche di Juan),
che inventano frasi altre ; inaffidabile l’arte ( e il padre di Juan, che
ne è un esperto) che copia falsa se stessa ; inaffidabile l’affetto,
nutrito di bugie, sospetti. Sussurri. Canti.
O forse no : c’è una nenia, infatti, una cantilena
propria di ogni bocca femminile. Una voce che quieta nella musica la durezza
delle parole (della vita, dell’amore, della morte) ; con le note, anziché
col silenzio, ne addolcisce l’inganno. Anche ad essa, in una nuova (ritrovata e
finalmente silenziosa) pace, si può allora forse decidere di affidare il proprio
abbandono di obbligati ad amare.
Del resto : “Per
Julia, malgrado Julia” è la dedica dell’autore che ispira il volume. E
adesso, come certo al protagonista, ci sembra logico.
Rita
Guidi
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