Ruota intorno ad una nerissima coda di gatto
(e a questo suo inedito ruolo) il romanzo-fiaba di Luis Sepùlveda, fresco di stampa per i tipi della Salani
Editore.
Personaggi inediti per temi invece cari all’autore cileno, la
“Storia di una gabbianella e del gatto
che le insegnò a volare” ha per protagonista infatti esattamente lui,
‘mamma Zorba’, micione pigro e integerrimo del porto catapultato a covare un
pulcino. Maldestro e affettuoso, sarà
il suo ventre sorpreso ed accogliente a regalare vita ad una gabbianella
altrimenti perduta ; e a garantire calore raro e commovente al racconto.
Davvero splendido.
Perché si tratta di una estrema scommessa, di una sfida per lealtà,
di tener fede alla parola data, per usare termini che sembrano così
impolverati. Si tratta , in barba alle
diversità e un poco anche alla natura, di crescere una gabbianella, figlia già
orfana di una bellissima madre soffocata sotto gli occhi del gatto dalla
‘maledizione dei mari’ ; dal petrolio, cioè, dall’umano inquinamento.
Ancor più che polvere : sudiciume, catrame, di nuovo, morte. Si tratta, infine, di insegnarle a volare.
E allora definirlo romanzo non si può, definirlo fiaba non si
può, Sepulveda trascende con la più semplice e intensa scrittura la limitazione
dei generi, unica direzione il contenuto, unico aiuto la fantasia.
Condizione irrinunciabile per consentirgli di descrivere
senza banalità né retorica, un mondo malato ma non disperato ; per
inventarsi ancora la speranza di un necessario dialogo possibile.
Gli animali, qui, si
disegnano divertenti e vivi, protagonisti umanizzati ma non troppo ; e
nulla sottrae loro l’essere un poco
anche ‘caratteristici’ : antipatici come macachi, vigliacchi come
topi,...individualisti come gatti (accanto all’ ‘eroe’ Zorba, ogni felino del
porto corrisponde ad un ruolo e ad una tipologia). E inquieti come gabbiani. Il loro volo agilissimo che lascia ombre sul
mare, il loro piacere dell’acqua, il fascino che subiscono dalle piogge prima
del sole, aggiunge simboli alla già alta tensione di questa storia. Fa delle piume e della coda dei due
protagonisti, una scelta ancor più azzeccata.
Un gatto e una pulcina : e un amore che guarda in alto
fino a spiccare il volo. Fino ad
insegnare ciò che, dopo la cura e l’affetto, comporta la separazione. La
gabbianella deve volare la sua vita : ciccione e peloso, ma ottima mamma,
Zorba lo sa. Zorba lo vuole.
E Sepulveda ‘interrompe’ qui, opportunamente, la ‘fiaba’.
Rinuncia alla soluzione facile che ogni semplice fumetto preferisce. Non c’è
gatto, ci racconta, nemmeno il più esperto (Colonnello...)
o istruito (Diderot...) o vissuto (Sopravento...) gatto del porto, che
possa farlo. Ad aprire le ali della piccola Fortunata non può che essere un
uomo, anzi, un poeta. Chè definirlo genericamente uomo troppo lo farebbe
somigliare a quell’altro, appestatore dei mari, assassino della madre.
Ecco : qui più che altrove, benchè tra mici astuti e
parlanti o scimmie bisbetiche e sciocche, ci è sembrato di immergerci nel
piacere lontano di un mondo di fiaba.
O forse è solo il
brivido negli occhi di qualche pagina di autentica poesia.
Rita
Guidi
Nessun commento:
Posta un commento