C’è un’inquietudine che ha bisogno dei luoghi. Di spazi
grandi abbastanza da far girare un’anima. Anche per questo America è mito.
Anche per Kerouac.
(Solo) sulla strada è purezza e incubo. Diversità d’asfalto
che ‘corre e corre’ all’orizzonte di un bisogno eterno e molto contemporaneo.
Estranea e antica è persino l’immobilità cui costringe una
foto, fosse pure la propria...
“Mi resi conto -
scrive infatti lo stesso Kerouac, nel suo celeberrimo ‘On the road’ - che queste erano tutte istantanee che i
nostri bambini avrebbero guardato un giorno con stupore, convinti che i loro
genitori avessero vissuto una vita liscia, ben ordinata, delimitata nella
cornice di quelle fotografie, e si fossero alzati al mattino per incamminarsi
orgogliosi sui marciapiedi della vita, senza mai sognare la stracciata pazzia e
la ribellione della nostra vita reale...”
Su quattro ruote è la soglia, scoperta uguale alla più
lontana preistoria, per dare ascolto al pulsare beat che inizia in quegli anni ’50, e cui la sola fantasia più non
basta. Occorre motore e orizzonte ; rumore di corpi e di vita.
Paradossali come un invito, forse, le sirene di Lowell :
industrializzatissima città del Massachussets che a Kerouac diede i natali. La povertà vinta con le spalle forti di grande giocatore di foot-ball, il bellissimo e giovane Jack si guadagna così gli studi al College. Dal numero 9 di Lupin Road alla Columbia University di New York, è già la direzione che vuole. Ma è comunque a Lowell che l’oggi ottantenne allenatore ne ricorda gli umori adolescenti.
industrializzatissima città del Massachussets che a Kerouac diede i natali. La povertà vinta con le spalle forti di grande giocatore di foot-ball, il bellissimo e giovane Jack si guadagna così gli studi al College. Dal numero 9 di Lupin Road alla Columbia University di New York, è già la direzione che vuole. Ma è comunque a Lowell che l’oggi ottantenne allenatore ne ricorda gli umori adolescenti.
Lo ricorda...L’occasione è ormai da quattro anni quella del
Festival che la città tiene nel suo nome. Tremila persone che arrivano da un
ovunque casuale ; presenze celebri e meno celebri, da Ginzberg in
giù ; musica ; ciceroni che sballonzolano di qua e di là i turisti di
Kerouac. I viaggiatori ci vanno da soli. Nei luoghi di Kerouac.
I luoghi : basterebbe la geografia a cancellare la
dimensione del ricordo. Perché la strada è la strada. E come Kerouac correva e
correva, l’inquietudine d’asfalto (che ha bisogno d’asfalto) è ancora e sempre
anche la nostra. Il sole non importa, è
altrettanto ‘viaggio’ la notte, ma certo lo spazio è quello d’America di più.
Perché diverso è il suo pane e, appunto, le sue strade (Hopper, non Fattori).
Non è un caso che nel bel volume che esce proprio ora per Il
Saggiatore, “The beat book”, curato
da Anne Waldman con premessa di Allen Ginzberg (la traduzione è di Luca
Fontana), non manchi un capitolo finale che rintraccia e ricorda i più
letterari luoghi beat : Città
del Messico e Kyoto, certo, ma poi è Berkeley e Big Sur, Frisco e Denver, il
Greenwich Village o comunque New York.
Ricorda...Perché qualcuno parla di revival. E non c’è dubbio
che il mondo editoriale e non, sembra davvero abbia gran voglia di (ri ?)
percorrere queste strade mobili.
Questa antologia, appunto ; un’attenta raccolta di testi
che dai nomi storici di quell’allora avanguardia letteraria, scendono a quelli
di oggi (di oggi...) : e dunque Corso, Kerouac, Cassadi, Ginzberg,
Borroughs, Ferlinghetti, McClure, Snydel...
Una carrellata che come una macchina da presa attraversa le
stesse tensioni ; a proposito : alla Mostra del Cinema di Venezia di
quest’anno una specifica sezione era dedicata
(sia che fossero soggetti, sceneggiature o attori) al denominatore
comune dell’universo beat. E sono due, poi, le Mostre ancora in
corso : non solo cinema ma anche scritti, quadri, sculture...a San
Francisco, nel MH de Young Memorial Museum, fino al 29 dicembre ; e a
Boston (dopo Firenze e Lowell), solo su Kerouac, questa, organizzata dal
giornalista italiano Silvestro Serra e dal fotoreporter Massimo Pacifico.
Italianissima, ancora, la raccolta speciale di sei millelire
(Stampa Alternativa) su “Beat &
Mondo Beat”, che ci riporta alle ‘novità’ su carta, e che unisce ad una
prospettiva peninsulare del fenomeno, uno sguardo un poco dissacrante sui
protagonisti d’oltreoceano.
Il tempo : è questa la dimensione che improvvisamente
affianca (solo affianca) quella dello spazio, nei saggi sul buddhismo, sempre
dell’Autore. Anche questi pubblicati ora negli Oscar Mondadori con il titolo “Il sogno vuoto dell’Universo”.
Lo sguardo su ‘quell’altro viaggio’, la stessa voglia di andare finchè non si arriva, verso un ‘dove’ che ha lo stesso fascino ed incertezza, qui c’è però una ‘sosta’. Come un respiro trascendente, per sgranchirsi le gambe scendendo dall’auto.
Lo sguardo su ‘quell’altro viaggio’, la stessa voglia di andare finchè non si arriva, verso un ‘dove’ che ha lo stesso fascino ed incertezza, qui c’è però una ‘sosta’. Come un respiro trascendente, per sgranchirsi le gambe scendendo dall’auto.
E dopo tanta strada, Kerouac conclude così queste
pagine : “Per me - dice - quella è
la parola e la strada che cercavo - e ancora - Forse la saggezza è a
Oriente, la compassione a Occidente.”
Facile che ci sia sempre qualcuno che abbia voglia di farsene
(o non farsene) un’idea. Per le proprie personalissime strade.
Kerouac ? Macchè revival...
Rita
Guidi
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