4 aprile '67 - contestazione per i diritti civili - Melchiorre Gerbino |
E’ vero, non vestivano alla marinara.
Ma è anche vero che la
‘trasgressione’ non era difficile laddove l’appartenenza si misurava in
centimetri : di capelli.
Il versante italiano della beat-generation, nella seconda metà degli anni ’60, è stata davvero
anche una questione di cellule. Di...peli, barbe, capelli e capelloni. Di
dissidenti della brillantina. Di affamatori di coiffeur.
E il coma irreversibile delle sfumature a spazzola è iniziato
anche con lui ( per lui), Melchiorre ‘Paolo’ Gerbino, oggi cinquantasettenne
viaggiatore impenitente, nonché nonno e celebrità televisiva (vedi Maurizio Costanzo Show).
Mezza sillaba di presentazioni telefoniche e la prima domanda
è la sua : “Scusi, ma quanto dista
Milano da Parma ? - quasi sorpreso - Spostiamo l’appuntamento e mi dia tempo di arrivare..”
In genere, di occasioni per andare, aggiunge, gli basta anche
meno. Da sempre. Da allora.
In tasca nessun ‘On the road’ di Kerouac, eppure
viaggiava sulle stesse macchine scassate oltre le stesse barriere di questa
parte dell’Oceano...
“Chissà ! -
spiega - Forse è una cosa genetica :
mio zio ha fatto il giro del mondo ; mio nonno, farmacista, si era voluto
trasferire in Tunisia...nel secolo scorso non era così consueto... Senza
contare che, ero nato da poco, e mia madre mi portava con sé in calesse, per
andare a trovare mio padre.”
Da Calatafimi, dove è nato il 30 agosto 1939 e di cui
conserva appena l’accento, a Porto Empedocle : il padre, giovane ufficiale
della contraerea era già lì, al fronte, e la moglie, fresca sposa, voleva
stargli vicino.
“I miei primi ricordi
sono proprio quelli. Il rumore degli attacchi aerei...Il viaggio, come
necessità per sopravvivere.”
Nessuna differenza con l’oggi : ‘neonato’ dei luoghi,
Gerbino non cessa di trovare ovunque motivo d’interesse, di scoperta, di libera
appartenenza. E quell’ovunque, allora, era la Svezia...
“Un biglietto per
Stoccolma : è stato quello il regalo che mi sono fatto appena maggiorenne.
E da là due cartoline di dimissioni : dall’ufficio e...da casa. Mio padre,
avvocato, altrimenti non me lo avrebbe mai permesso.”
Ma perché la Svezia ?
“Perché era il punto
più lontano raggiungibile - sorride Gerbino - E poi perché per me Stoccolma era davvero il centro del mondo :
per l’economia fiorente, la politica
aperta, il clima di tolleranza e libertà...”
Era così per lei, per come se la immaginava, o era così
davvero ? Insomma, la realtà, dopo la fantasia che sempre precede il
viaggio, era proprio quella che si aspettava di trovare ?
“ Sì. Era così davvero. E poi guardi che la realtà
è sempre molto meglio dell’immaginazione. Ho sempre trovato, nei luoghi, molto più
di quanto mi aspettavo. Il mondo è troppo complesso per tentare di
fantasticarlo. E la Svezia lo stesso ;- ricorda Gerbino - non è un caso che proprio lì abbia
trovato la ‘crema’ dei primi viaggiatori, i primi ‘romantici’, i Kerouac di
allora...Per loro come per me Stoccolma divenne presto la base di lunghi viaggi
in giro per l’Europa. In quattro o in cinque compravamo una macchinaccia da due
soldi e partivamo : Francia, Germania, Jugoslavia, Bulgaria, Turchia...”
L’Italia no ?
“Certo anche l’Italia.
Ricordo di essere anche passato a trovare i miei...ma dove mi sentivo a casa
era Stoccolma. Con chi viveva e la pensava come me. Una sorta di avanguardia
generazionale molto vitale e aperta. Molta amicizia, molto amore, anche in
senso fisico, - continua Gerbino
- ma per noi era insieme romanticismo e
conoscenza. Libertà autentica, nulla a che vedere con la pornografia di
oggi...”
Un piccolo esempio è nel suo soprannome : quel ‘Paolo’
con cui preferì chiamarlo, nell’intimità, la sua prima ragazza svedese.
Soprannome che poi scelse ai tempi di Milano. Già, Milano...
“Ci arrivai nel ’66,
con mia moglie Gunilla Unger : l’avevo conosciuta due anni prima, lei
aveva 18 anni e io 23, e non ci eravamo più lasciati. Il 2 gennaio del ’65,
però, nacque il nostro primo figlio ; e per riconoscerlo, - spiega
Gerbino - ma anche per poter dividere la
stessa stanza d’albergo una volta arrivati in Italia (allora era così) ci
sposammo in Comune, a Stoccolma.”
Nel Millelire di Stampa Alternativa dal titolo ‘Le immagini
del Mondo Beat’ (la raccolta complessiva sulla Beat Generation italiana e
americana ne comprende sei), tra barbe e capelli, ci sono infatti anche loro, ‘Paolo’
e Gunilla. Ma pargoli davvero no...
“Il bimbo rimase con i
miei, che se ne innamorarono subito. Noi, dopo quattro mesi di Sicilia eravamo
ansiosi di ripartire. La meta era Parigi, ma il treno cambiava a Milano...”
Gli era piaciuta subito la stazione. E un attimo dopo la
città. Decidono di fermarsi un giorno che diventerà però ben più lungo di
cinque...
“Eravamo a Milano da
ormai otto mesi, quando vedo sul giornale una foto del ‘barbuto’ Vittorio di
Russo : arrestato per aver strappato in pubblico il passaporto gridando l’invito
ad essere cittadini del mondo. L’avevo conosciuto in Svezia, lo cercai subito,
lo invitai a casa e da lì cominciammo a far risalire l’adrenalina di Stoccolma...”
L’adrenalina di Stoccolma... Milano è pronta : ostile,
ma pronta. Sempre più spesso quotidiani e questurini devono fare i conti con un
proliferare inestinguibile di chiome e di idee. Ugualmente ribelli, al pettine
come alla patria potestà...
“Il termine ‘contestazione’
- ricorda Gerbino - riprende proprio
dalla frase che più spesso compariva nei fogli di via destinati ai capelloni :
il ‘si contesta’ delle forze dell’ordine che paradossalmente era diventato il
nostro slogan...”
In testa il ‘triumvirato’ Gerbino (ideologo) - Di Russo
(capopopolo) - e Umberto Triboni (‘tesoriere’), anche Milano, anche l’Italia
(appena dopo i Provos olandesi, e in contemporanea con Berkeley) diventa beat. Le fughe da casa dei ragazzi sono
insieme scandalo e consuetudine ; la meta è spesso ‘Barbonia City’, come
viene dai ‘media’ definito l’enorme campeggio milanese ; come altrettanto spesso
la meta è ‘Mondo Beat’, la rivista che per sette volte esce ciclostilando quegli
ideali di libertà, ecologia, diritti (sì : anche di farsi crescere i
capelli) che oggi ci sembrano così assodati e consueti.
Kerouac non lo conoscevano, ma Ginzberg era stato tra loro,
in quella sede impropria (i campeggi, la piazza..) della rivista. Punto d’arrivo
libero di tutti quei giovani che da lì ricevevano l’unica condizione di un’appartenenza :
il viaggio. Unico modo per affrancarsi dalle croste di ogni provincialismo, dai
paraocchi mentali all’esistenza. Il viaggio, però, non l’avventura...
“Non chiamiamoli
viaggiatori se è quella che cercano. - sottolinea Gerbino - L’avventura è la stessa esistenza. E spesso,
viene da dire, purtroppo...”
Oggi come allora gli serve solo uno zaino o quanto basta a
contenere il suo fucile da pesca subacquea ; in giro per il mondo una
t-shirt spesso costa meno comprarla che lavarla, e sarà più soddisfatto se avrà
visto di nuovo, da vicino, la zona della faglia oceanica. Il futuro ? Non
è assurdo pensare che, tempo una decina d’anni, si possa dare un’occhiatina alla
terra standosene inscafandrati sulla luna. Si vedrà...L’immediato domani è già
un libro (“...” Ed Laser) e la ripubblicazione dei 7 numeri 7 di Mondo Beat.
Il pettine non gli serve più e ovviamante conosce Kerouac.
...Kerouac ? Macchè revival.
Rita
Guidi
Brava, Rita, mi hai tratteggiato bene. Ora sono da 3 settimane in Malaysia; prima 2 anni e 3 mesi alle Filippine; prima 1 anno in Madagascar... Manco dall'Italia dal 2004 (dall'utima volta che il Vaticano ha tentato di farmi ammazare). Ti ho mandato lo stesso messaggio in Twitter, con 4 diapositive https://twitter.com/MelGerbino/status/1158560589687357441
RispondiElimina