Solo artista. Nella nudità dei luoghi come nella fissità del
proprio volto, nella china asciutta di un’umanità derelitta come nei colori essenziali
degli acrilici, Remo Gaibazzi lavora.
Solo artista. Mai
preoccupato di altre consuetudini ; mai oltre un confine geografico che si
è dato come sufficiente ad esprimere cose che non hanno luoghi.
Pigra personalità parmigiana, illustre matita sconosciuta,
attentamente disperso nella memoria privata dei salotti, il suo mosaico che
oggi si ricompone non ha mancato, per questo, di suscitare qualche
perplessità...
“Non sono stati davvero
pochi quelli che mi hanno detto che forse lui una mostra non l’avrebbe voluta,
o non l’avrebbe voluta così ; che quel tal disegno non l’avrebbe esposto.
- ricorda infatti Gloria Bianchino, direttore dello CSAC e curatrice della
mostra - Io questo non posso davvero
saperlo. So, però, che questa mostra era in un certo senso necessaria. Ha
consentito a noi di scoprire Gaibazzi e di amarlo ; e ci auguriamo (
perché questo era il nostro intento) lo farà scoprire soprattutto ai giovani, a
chi per motivi generazionali o altro non lo ha conosciuto. E un pittore come
lui, sempre vicino ai giovani artisti, questo credo l’avrebbe senz’altro
voluto.”
Le opere sono circa duecento, centocinquanta i disegni :
dalle ‘caricature’ giovanili alle realizzazioni astratte, è questo lo stralcio
di una lunga e vivace produzione che resterà da oggi alla metà di febbraio alla
Sala delle Scuderie della Pilotta.
Selezione non facile delle cinquecento realizzazioni che raccoglie
invece il bel catalogo (Electa), e delle mille o più, catalogate comunque dallo
CSAC, lungo il tracciato infinito delle collezioni sconosciute, dell’universo
privato ...
“Il Gaibazzi che
appartiene alle collezioni pubbliche è numericamente insignificante. -
spiega Gloria Bianchino - La sua opera è
presente invece, anche con molti pezzi, nelle case della gente. Ed è per questo
che vorrei ringraziare davvero tutti i prestatori, le persone che ci hanno
messo a disposizione quello che avevano, e che hanno accettato la presenza di
fotografi o di avere le proprie pareti vuote per un paio di mesi. Quindi grazie
davvero alla città per una risposta così pronta e aperta, senza la quale questa
mostra non si sarebbe mai potuta realizzare.”
Se conflittualità c’è stata, tra Gaibazzi e Parma, era allora
comunque parziale,‘affettuosa’...
“Affettuosa e
reciproca : Parma ‘ama’ Gaibazzi e Gaibazzi ‘ama’ Parma. Dopo
quest’operazione di raccolta non è difficile rendersene conto. Ma addirittura
prima, proprio quando è nata l’idea in qualche modo di ricordarlo, subito dopo
la sua scomparsa, la ‘risposta’ è stata istantanea. - racconta la Bianchino - Ricordo l’immediata disponibilità del dottor
Giorgio Orlandini, e con lui di tutti quelli che hanno sostenuto questa
iniziativa (Comune, Provincia, Banca Monte, SEGEA, Università n.d.r.)...”
Il parmigiano Gaibazzi : le sue strade sono
riconoscibili e nostre, ma vuote ; i monumenti insieme famosi e familiari,
diventano profili e sagome d’assenza ; i contrafforti della Pilotta,
ancora, si fanno occasione di segno, ripetizione astratta che annulla la
propria identità. Parma sembra improvvisamente un confine ingiusto, o, meglio,
una sua semplice occasione...
“Sì. - afferma la
Bianchino - Non credo che sia giusto
confinare ‘geograficamente’ Gaibazzi. Come non è giusto considerarlo isolato,
confinato : Gaibazzi era compreso, per quanto la sua produzione fosse
difficile, raffinata, intellettuale, da quanti qui lo conoscevano. Non solo, ma
lui stesso, così apparentemente appartato, era in profonda sintonia col suo
tempo ; consapevole e attento conoscitore di quanto accadeva nel mondo
della produzione artistica, e traduttore poi di quella esperienza, sempre
fedele però alla propria personalità ed espressività.”
Una mostra importante, allora. Non fosse altro che per quello
sguardo d’insieme che, per la prima volta, dunque, preziosamente ci
consente : altre esposizioni, sporadiche, magari collettive, ma quasi
tutte perse (anche loro) nella memoria dei singoli, non hanno lasciato
praticamente traccia...
“Purtroppo, spesso non
siamo riusciti a ritrovarne nemmeno i cataloghi - spiega la Bianchino - E questo non ha certo contribuito a rendere
più agevole, ad esempio, il problema della datazione delle opere...”
Anche per quella, Gloria Bianchino ricorda il prezioso aiuto
di Alfredo Caselli e Andrea Calzolari, di Giorgio Mazzocchi, Maurizio Gatti,
oltre a quello dello stesso figlio Luca e della moglie Lina Gaibazzi ; e
non nasconde la preoccupazione e la fatica di tutto lo CSAC, in particolare di
Lucia Miodini, autrice con lei delle schede di catalogo, e di Enzo Ferrari,
Antonella Monticelli e Teresa La Porta. Poi riprende...
“Ci saranno quindi,
forse, delle imprecisioni, ma era previsto. Del resto - conclude -
Consideriamo questo appuntamento tutto fuorchè conclusivo ; uno
stimolo, semmai, a nuove indagini, studi, ricerche, su Gaibazzi.”
Materiale inconsueto e disperso. Studi per vetrate di chiese
e giochi di quadri ricomposti. Disegni, tele, veline di un solo artista... Ma
non chiamatela antologica. La storia di Remo Gaibazzi ricomincia da qui.
Rita
Guidi
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