E’ un racconto sul Nord, questo “L’isola bifronte” di
Fabrizio Carbone (Libreria Internazionale Il Mare).
Centoventi pagine sul Grande Nord, inteso non come confine,
ma come Natura e sogno, luce perenne e bianca, ultima frontiera intatta.
I luoghi, quindi, protagonisti apparenti di una narrazione a
metà tra cronaca e diario di un viaggio ‘scientifico’ : spedizione di
studiosi dell’ambiente a caccia di sguardi su foreste e fiumi, aquile e
ippoglossi, armati di estremo rispetto e macchina da presa.
Risposta apparentemente logica, dunque , da parte di un
autore che davvero e da sempre si occupa di ambiente e ne scrive per ‘Panorama’
e ne documenta per ‘Geo/Raitre’.
Risultato di un’esperienza vera, nella Norvegia più vera, che Carbone ha
di nuovo filmato e visitato la scorsa primavera.
Ma quell’isola del Grande Nord, vuole essere qui, dopo un
naturalistico documento, anche altro. Altro volto di una stessa storia :
bifronte. Perché l’avventura diventa memoria e ricerca di un lontano
passato : il naufragio di un viaggiatore veneziano, cinque secoli
prima ; e le parole antiche del suo diario, punteggiano come un’eco i
capitoli del libro. E perché agli occhi del protagonista, quell’isola diventa
l’orizzonte bianco e pulito che a Sud, appena più a Sud (anche della propria
vita), non sa più ritrovare ; bianco contro un grigio che non sa più
sopportare.
Il finale è a sorpresa, solo un poco affrettato, come un poco
forti sono i toni ecologisti che percorrono la narrazione. Ma, del resto,
l’ambiente che qui si combatte per proteggere, quello che si desidera, si sogna
e si vuole, è pulito non solo da un inquinamento chimico, materiale.
Il Grande Nord è specchio bianco sopra i grigiori dell’uomo e
del mondo. Ultima isola. (Ma che ancora c’è ?)
Rita
Guidi
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