Una cartina stracciata
sul Bosforo parla di antichi confini, di segreti accostati. Di soglie che si
potevano attraversare con rispetto, macrocosmi “tranquilli nelle proprie
antiche leggi” verso i quali un ponte bastava allo sguardo e alla conoscenza.
E’ un passato lontano,
insomma, quello stampato sotto il titolo di questo interessante saggio di
Filippo Andreatta, “Alla ricerca dell’ordine mondiale” (Il Mulino, 154 pagg.
10,50 euro). E del resto da lì parte l’autore, che non a caso è docente di
Scienza della Politica e Politica internazionale presso la nostra Università.
Perché c’era il muro di Berlino e la guerra fredda, e un fragile ordine
internazionale. Nel senso che il disgelo non ha significato una pace sancita in
modo ufficiale quanto piuttosto la convivenza di due visioni diverse, e un
conseguente spontaneo ampliamento delle democrazie. Laddove possibile.
Ma poi, e meno
improvvisamente di quanto si potrebbe pensare, è stato squilibrio e fine. E’
stato quello sradicamento cruciale prodotto da un 11 settembre che è stato
purtroppo solo l’inizio del più inquietante scenario di guerra si possa
ipotizzare.
Andreatta su questo
insiste, sviscerando con rara lucidità il nodo inestricabile nel quale il mondo
è caduto. Punta i riflettori sull’America, quella che in preoccupante
discontinuità incarna un unilateralismo (quello che ha significato il conflitto
in Iraq) decisamente nuovo nella storia della sua politica estera.
Quella, inutile
negarlo, per cui non siamo (più) tutti americani, come lo eravamo solo un paio
d’anni fa. Quella che ha sbiadito ogni certezza, se non il desiderio di
ritrovare il bandolo di una matassa perduta, di un ordine mondiale che pure
trova spazio nelle pagine finali del saggio di Andreatta. Un’America che
ritrovi scelte più in linea con la propria tradizione, e quindi che si
concentri sulla lotta al terrorismo slegandola a quella contro gli Stati
canaglia; un’Europa forte e partecipe di un futuro ordine multilaterale; e
ancora un rilancio dell’ONU come pilastro essenziale di un equilibrio futuro,
potrebbero essere, nella lunga lotta appena iniziata, le uniche armi vincenti.
Ed è già un peccato doverle chiamare così.
Rita
Guidi
Nessun commento:
Posta un commento