Ma se il dialetto è l’anima di un luogo, queste poesie sono
la sua anima, e dunque anche la Somalia deve avervi un po’ di spazio.
Parliamo di Bruno Pedraneschi e della sua raccolta di poesie
in dialetto parmigiano “La vriss ésor
poezia” (fresco di stampa per i tipi
della Azzali Editori). Raccolta postuma
voluta dal figlio Giorgio ( nome che nel mondo sportivo e non della nostra
città’ non ha certo bisogno di presentazioni
), quasi come una sorta di logico compimento per questi taccuini sparsi che
vedeva nascere spontanei dalla penna del padre autore. Concretizzazione commossa e indiretta,
dunque, di un ricordo...”Mio padre era
solito scrivere quando il sole non era ancora spuntato. - si legge nella
breve e partecipata premessa del figlio - Se
mi capitava di alzarmi molto presto per andare a caccia o a pesca, lo trovavo
puntualmente seduto al tavolo a comporre...Le ricordo tutte perchè...mi
bloccava e me le leggeva.- prosegue Giorgio Pedraneschi - Era felice quando mi vedeva
attento e gli davo dei suggerimenti o spunti per una correzione: rimpiango quei
momenti che forse sono stati quelli di una maggior intimita’ fra noi due.”
Ed è proprio una lunga idea di intimità quella che percorre
queste pagine. Lunga quanto una vita.
Perchè l’Africa, appunto, e gli affetti, la passione sportiva e per la natura,
o i brevi appunti amari o buffi del contorno di casa, sono proprio i temi che
scandiscono questo libro. Rimpjànt
d’Africa o L’orazjon d’un strajè,
Al me putèn o La vjola (ma anche La maja
Crozada ) sono infatti solo alcuni titoli nati dalla stessa
ispirazione. O Inspirasjon, se preferite : Cuand
a gh’ò l’alma su cla strada / ch’va p’r i mont ‘dla fantazia,/ - si legge
nell’omonimo componimento - e la ment iluminada / da ‘na luza ad poezia,
/ i van, i vol’n i me pensèr...
E allora piu’ di ogni altro aggettivo, ci sembra opportuno
definire queste righe ‘schiette’. Termine parmigiano che solo ci sembra
raccogliere un certo spirito, anzi, un certo modo di essere parmigiani.
“La raccolta -
sottolinea infatti Umberto Tamburini nell’ introduzione - racchiusa in bella veste tipografica, con i simpatici e spiritosi
disegni di Cristina Cabassa, e l’originale copertina curata da Gian
Carlo Ceci e Pietro Sandei, è una piccola vena di acqua sorgiva alla quale è
piacevole accostarsi per un sorso rinfrescante di parmigianità.” Che è innanzitutto la sua: giovane dei
Mulini Bassi e poi colono sotto il caldo orizzonte di Mogadiscio, con tutta la
nostalgia nei trentacinque anni che lo videro là, per queste indimenticate e
verdi colline parmigiane. E’ allora forse proprio con il suo dialetto, con il
nostro dialetto, che “la Pilota, al
Regio, i Du Brase’...” fino a quel
1963 in cui fece ritorno, furono un poco meno lontani. E forse è proprio cosi’, in queste rime che
definiva “mal pioladi” e “ch’i n’gh’àn miga nisòn valor” , che potremmo trovare
quella poesia che vorrebbero essere.
Rita Guidi
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