Siete sicuri di essere persone di talento adeguatamente
valorizzate ? Siete sicuri di essere persone di talento ? Siete
sicuri ?
Non consideratelo, certo, il solito test ; ma se il
vostro inchiostro entra più facilmente in riserva, e preferisce delle tre,
l’ultima di queste frasi, il punteggio rinvia ad un piccolo, inequivocabile
campanellino d’allarme : come sta la vostra autostima ? Volete
migliorarla ? Volete migliorarla e diventare la persona che davvero
siete ? Volete migliorarla e diventare la persona che davvero siete e
anche di più ?
Prego, leggete. La vostra unica incertezza sarà quella (a
quanto pare) di quale libro scegliere nel panorama di pubblicazioni che a getto
continuo affrontano l’argomento.
Impararsi, apprezzarsi, valorizzarsi, sembra essere il
(richiestissimo) traguardo del giorno. Tramonto o radice estrema dell’edonismo
anni ’80, non sembra si voglia essere yuppie’s se non di se stessi.
Tra “palestra” ( quella per allenare all’equilibrio la
mente) e “rampantismo” ( tutto puntato a “diventarsi”) La meta sembra non
essere comunque facile.
L’autostima è un barometro terribilmente delicato, pronto a
segnare entusiasmo o umor nero non solo nelle nostre giornate ma anche in tutta
la nostra vita.
Non a caso, è proprio
la lancetta tra depressione e bello-stabile, ad illustrare la copertina del
volumetto di Maria Miceli (collana ‘Farsi un’idea’ del Mulino) che titola
appunto “L’autostima”. Bando alle
ricette facili o alla faciloneria di proposte e interpretazioni, il libro è
“scientifico” e però insieme sintetico e chiaro, sui meccanismi e sulle
conseguenze delle diverse valutazioni del sé. Come dire che la conoscenza di
essi è il primo serio passo da compiere.
E come dire che noi siamo ciò che pensiamo : e’ davvero
sorprendente scoprire quanto sia condizionante agli occhi degli altri il
“pensiero” (più o meno inconsapevolmente trasmesso) che noi abbiamo... di noi.
E viceversa,
naturalmente. Ma è un gioco a feed-back davvero complesso, che ci rende spesso
maschere nude, preda di giudizi propri o altrui che possono metterci in crisi.
Questo diventa allora il vero problema : scoprirci allo specchio diversi
da quello che crediamo di essere. Sentirci considerati di meno, ma anche di più
( e anche questo sorprende), rispetto al grado di autostima che da sempre
abbiamo fissato per noi stessi. Il variabile, insomma, è qui tutt’altro che
sereno, perché l’instabilità è tremenda, eccessiva sofferenza. Ci valutiamo poco intelligenti (l’intelligenza
è al vertice delle nostre graduatorie interne) e invece l’esame è andato d’incanto ?
Un caso. Inutile illudersi di essere un genio per poi soffrire cocenti
delusioni. Viceversa “sappiamo” di essere dei geni ? La bocciatura all’esame
è allora solo stanchezza per mancanza di sonno, scarsa concentrazione perché ci
è morto il gatto e così via.
Quindi : siamo
una frana ? Pazienza. Meglio che siamo instabili noi che la nostra (bassa
o alta) autostima. Perché poi dipende sempre
da che tipo di frana siamo : ad esempio, se la mia massima aspirazione è
quella di essere un ottimo giocatore di scacchi e già sto ottenendo buoni
risultati, mi importerà assai poco di non reggermi in piedi sugli sci !
Non è questo, e torniamo al punto, che abbasserà la mia autostima. E la Miceli
(ricercatrice all’Istituto di Psicologia del CNR di Roma) è anche in questo
caso molto chiara nell’illustrarci valori e rapporti tra autostima “specifica”
e “globale” ; non senza qualche conseguente e implicito consiglio per
limature e miglioramenti.
Indicazioni che si fanno assolutamente esplicite, ne “Il pensiero positivo” di Anthony Di
Mello (Piemme). Un’idea dal taglio più “americano” (che trovate in dettaglio
qui a fianco), e che propone un percorso di trasformazione in tre settimane,
test di autoverifica compresi.
Questa volta la spinta è decisamente all’insù, insomma ;
tant’è che si rivolge proprio a “un’aquila che si crede un pollo” (testuale),
per liberarsi, come sempre, dai condizionamenti, ed essere ciò che si vuole.
Anche femmina, sembra aggiungere Adrien Mendell, psicologa
americana specializzata in problemi relazionali in ambito professionale. Questo
suo “Come pensano gli uomini”
(badate bene : “come” e non “cosa” perché quello sarebbe tutt’altro
discorso), è infatti proprio una guida per le donne che vogliono sfondare nel
mondo del lavoro.
La vostra autostima vacilla perché il capo è comunque a voi e
non ai vostri colleghi “maschi” che durante la riunione chiede il caffè ?
Siete abbacchiate perché sempre lo stesso capo riserva ai vostri colleghi
“maschi” aumenti di stipendio e di grado, e gratifica (o almeno lo crede) voi
tutt’al più con un occhio da cascamorto ? Ecco sette regole sette per la
riscossa. Invece di piangersi addosso, giocare (perché, pare, il lavoro è per
il maschio come il gioco, lo sport la “guerra” cui si allena fin da bambino)
con le loro stesse carte. Senza la paura di essere donna, e soprattutto di non
farcela.
Perché ad esempio l’emotività, si sa, più propria
dell’universo femminile, può giocare infatti brutti scherzi. Per usarla al
meglio e ancora una volta non lasciarsene intimorire, valorizzarla e quindi
valorizzarsi, ecco “Il quoziente
emotivo” di Isabelle Filliozat (Piemme). Il volume riprende la recente
questione sollevata da tanti studiosi americani in polemica con il celebre QI
(quel quoziente di intelligenza che i soliti test rilevano sulla base di quello
che in realtà è “conformismo sociale”), a favore del QE. Un quoziente, una
intelligenza emotiva, legata ad un’utilizzazione del sé (non solo razionale) a
tutto tondo, e che quindi favorisca il nostro “savoir-faire” e “savoir-etre”,
per affinare le nostre capacità e migliorare le nostre relazioni con gli altri.
Come ? Ve lo spiegano qui ; test, come sempre, compresi.
E sempre a una certa idea dell’emozione additano un paio di
titoli rispettivamente di Mondadori e della Demetra: si tratta de “La seconda vista” di Judith Orloff e di “Usa ciò che sei” di Antonio Guidi.
La Orloff cerca più in là delle possibilità consuete, delle
capacità consuete, che possiamo affinare : invita (un invito da
psichiatra, beninteso) a liberare quella “seconda vista” che sempre
soffochiamo, e a utilizzare queste percezioni (extrasensoriali) nella vita di
tutti i giorni.
Guidi (e non vi sembri impossibile) va ancora oltre. In
queste cento pagine racconta la sua storia di medico, neuropsichiatra, già
Ministro e ora Parlamentare ; la sua vita di padre (ha tre figli) e di
uomo. Di disabile, anche. Particolare che, con le parole semplici e toccanti
che descrivono questa sua vicenda vera, diventa appunto solo quello che è (che
può essere) : un particolare. E non un condizionamento determinante e
negativo.
E’ allora davvero un libro per guardare con nuovi occhi alle
proprie difficoltà e alla propria vita. Un test per confrontarsi e capire.
Per quando diventare se stessi è ancora più difficile.
Rita
Guidi
Nessun commento:
Posta un commento