lunedì 4 marzo 2019

LETTERE A YVONNE (R.M.RILKE) di Rita Guidi


Poche pagine : ottantotto. 
Una ventina di lettere. Due telegrammi.
Questo “Lettere a Yvonne - 1919/1925” , che raccoglie un fedele e selezionato epistolario, fino ad oggi inedito, di Rainer Maria Rilke (Archinto Ed. L. 20.000) si legge evidentemente d’un fiato. Ma è un respiro lungo. Il galleggiare rapido e affiorante di una intera vita sommersa appena sotto queste poche righe. Che  per questo traspare, leggibile.
Ciò che emerge è innanzitutto un’amicizia, quella con Yvonne appunto : autentica zattera d’affetto nel naufragio di guerra del poeta. Rilke è infatti un nomade in questi difficili anni. Nativo di Praga, adottivo di Monaco, è per un lungo periodo ospite incerto nella tranquillità smorta della Svizzera. Ed è a Berna, città ancora straniera per lui, che dietro consiglio dell’amico conte Paul Thun, a lei si rivolge : a Yvonne von Wattenwyll, che da aristocratico aiuto si trasforma subito in uno sguardo di profonda intesa, nella voce di una lunga amicizia.
Nemmeno un mese dopo  quel primo incontro, per Rilke è già ‘adorata amica, tale ormai da tempo...’ ; incipit epistolare che suggella significativamente l’inizio appunto di questo poi costante rapporto a distanza.
 Yvonne come perno, e la sua vita come sfondo. Gli spostamenti e le difficoltà, l’incerta salute e i desideri, sempre la poesia, affiorano qui sinceri ; è appena un freno a quello che potrebbe essere un diario, la delicatezza e la gentilezza con cui a lei chiede e di lei ricorda. O si preoccupa, soprattutto, quando la sua voce è silenzio : “Mia cara Amica - scrive infatti il 12 agosto 1919 da Soglio, non avendo da molti giorni sue notizie - Sono un po’ preoccupato...”  Ma subito precisa che solo affetto e non pedante insistenza è la sua : “Tra noi - aggiunge infatti con splendida dolcezza - deve essere possibile il più lungo e assoluto silenzio...”.   Come dire che Yvonne è per lui comunque certezza ; che Rilke è per lei comunque certezza. Come lo è la poesia, in questo difficile e incerto peregrinare dell’autore, sradicato con sogni di stabilità e solitudine, anche se nello splendore retrò e decadente di ville e castelli.
E’ qui che potrei riuscire a ritrovare me stesso - scrive da Locarno - Se qualcuno mi rinchiudesse per un anno in una di queste chiese di campagna...”
E ancora : “Potrei ormai scrivere la mia lista dei desideri proprio come farebbe un bambino - ripete da Soglio - Poter abitare da solo per un anno in una casa simile...”
Ha bisogno di solitudine. Ha bisogno di un anno di solitudine. Di quella pace dalle inutili chiacchiere del mondo che gli serve per fare poesia.
La trova nel Castello di Berg e poi a Muzot. E’ qui che scrive. Scrive a Yvonne di libri... “I libri...cara Amica, se ve ne mancassero, fatemi un cenno...Ma suppongo che voi preferiate raccogliervi sotto la dolcezza inedita delle vostre palpebre chiuse ; mai alcuna pagina ci toccherà altrettanto da vicino...”
Scrive, anche per lei, libri : conclude qui le sue più celebri “Elegie duinesi”.  
Non lo sai ancora ? - (le) dice, nella prima - Getta dalle tue braccia il vuoto / agli spazi che respiriamo ; forse gli uccelli / nell’aria più vasta, voleranno più  intimi voli” .  


                                         Rita Guidi

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