continuo di
ogni monte ventoso che si tocca a fatica, un istante.
E’ a questa meta senza
prezzo, a questa sfida che costa ogni fibra di uomo, che si rivolge il volume
di Andrè Comte-Sponville, “Piccolo Trattato delle Grandi Virtù”
(Casa Editrice Corbaccio, 351 pagg., L.32.000).
La potenza, l’eccellenza, è là in alto, svettante oltre la
strada in pianura dell’uomo moderno. Una catena di cime : l’Autore ne
conta diciotto, come per una maggior età dell’anima.
Diciotto virtù, perché basta con l’accusare sempre,
denunciare sempre : “...è la morale
dei tristi, è una triste morale - si legge nell’introduzione - E’ meglio insegnare le virtù (diceva
Spinoza) che condannare i vizi ; è meglio la gioia della tristezza, è
meglio l’ammirazione del rimprovero, è meglio l’esempio della vergogna.”
Diciotto virtù, perché è questo il numero dell’equilibrio,
che solleva da ripetizioni e inessenzialità.
Prima sfida (e audacia), si dirà, anche solo sceglierle e
parlarne. E allora,
diciannovesimo : riflettere. All’elenco di Sponville, è questa la postilla
che aggiungeremmo. Alle sue pagine quiete e senza traccia di presunzione, è del
resto lui stesso a sottolineare questa prima consapevolezza. Vuole un ‘piccolo’ ad aggettivare il ‘trattato’ del titolo. Ed esordisce
dicendo che “se la virtù può essere
insegnata, è più con l’esempio che con i libri. - ma aggiunge - Perché allora un trattato delle virtù ?
Forse per questo : per cercare di capire ciò che dovremmo fare, o essere,
o vivere, e valutare in tal modo, quantomeno intellettualmente, la distanza da
percorrere. Compito modesto, compito inadeguato ma compito necessario.”
Necessità lunga per un bisogno moderno (come dimostra anche
il grande successo riscosso non solo in Francia da questa pubblicazione) . Gli agili e brevi capitoli, si snodano uno
dopo l’altro come in un’ideale arrampicata : a partire dalla
cortesia (ebbene sì); quindi la fedeltà, la prudenza, la temperanza, il
coraggio, la giustizia, la generosità, la compassione, la misericordia, la
gratitudine, l’umiltà, la semplicità, la tolleranza, la purezza, la mitezza, la
buonafede, l’umorismo, l’amore.
Se vi sembra che ne manchi qualcuna o che qualcun’altra sia
fuori luogo, Sponville non tarderà a convincervi che non è così. L’andamento
leggero del suo fare filosofia ( è docente alla Sorbona), i suoi cenni ai
grandi del pensiero, sillabano come fosse ovvietà la logica della saggezza.
La sorpresa più bella è nelle parole più antiche :
misericordia, compassione, temperanza... Hanno un suono scomparso. Sponville lo
ricorda, ma insieme ne rintraccia i contemporanei sostituti (“Triste epoca - afferma però - che sopprime le grandi parole per non dover
vedere la propria piccineria.”) ; e poi ne fa nuovamente una meta ‘inattesamente’
attuale.
Una vetta. Perché ogni virtù, come affermava Aristotele, è un
crinale tra due abissi. E come se non bastasse è (sono quasi tutte) ambigua :
forza del bene o del male in quanto prima di tutto eccellenza.
Un esempio lampante ? Prendiamo il coraggio. Non può
forse servire la buona come la cattiva causa ? E qualora si trovi sul
giusto (virtuoso) versante, non agisce forse salvandosi dal cadere nella temerarietà
o nella viltà ?
Viltà, non prudenza. Virtù, questa, che traduciamo oggi con
buonsenso, e che è condizione di tutte le altre. Perché distingue l’azione dall’impulso,
guida il passo e non la corsa sull’ultima roccia. Più plurale delle virtù che
sono comunque plurali : perché la generosità con il coraggio diventa
eroismo ; con la giustizia equità, con la mitezza bontà...
Da illuderci che se almeno ne raggiungessimo una...
Comunque, se ancora non ci sentiamo abbastanza allenati per la
fedeltà (che è principio di tutte : come può essere giusto infatti chi non
è fedele alla giustizia ecc.ecc.?), proviamo umilmente con la cortesia. “La
cortesia è la prima virtù - afferma infatti Sponville - e forse l’origine di tutte...Virtù di pura
forma, parvenza di virtù...E’ piccola cosa ma che ne prepara di grandi.”
E’ il primo fiato, tensione, imitazione, desiderio. Gradino.
E come in ogni altro capitolo non si aggira qui nessuna
banalità e più d’una sorpresa. La nostra vita, piuttosto, ci sembra cresciuta in discesa, dove i giorni
insegnano a cibarsi, camminare, parlare...Intorno non abbastanza cortesia. Diciannovesimo
riflettere : si potrebbe iniziare da quello.
Rita
Guidi
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