Sono quelli
reggiani, promotori di un modello educativo cui hanno guardato persino gli
States.
Pina Tromellini è una pedagogista che da vent’anni appartiene
a quella esperienza. Non solo, ma è anche scrittrice : proprio ora, con
Salani, pubblica “Cosa pensano i bambini di Dio”, dopo il successo di “La
tenerezza e la paura”, sguardo anche quello sull’oggi quasi inflazionato (?)
mondo dell’infanzia...
“Se ne parla e se ne scrive tanto, sì - afferma la Tromellini
- Probabilmente perché c’è un ‘mercato’ che ora va a colmare dei vuoti
precedenti. Infatti molte di queste pubblicazioni non sono saggi pedagogici, ma
libri divulgativi, semplici, rivolti alle famiglie”
Quindi meno affidabili ?
“Non sempre. Diciamo a volte un po’ scontati. Insomma occorre
certamente operare una scelta. Quello che interessa però - sottolinea la
Tromellini - è che comunque tutti indicano che il bambino non sta bene. Che
occorrono risposte a questo suo malessere nascosto dalle apparenze, dalla
pubblicità, dal benessere. Risposte che vincano lo smarrimento attuale di chi è
genitore o educatore”
Quello del dopo-permissivismo ?
“Certo. Il permissivismo, il genitore-amico, è morto e
sepolto. Così come lo è il genitore autoritario. E anche questa è una
conquista. Il problema è che la risposta giusta è nell’autorevolezza : un
risultato più difficile da raggiungere”
Allora qualche consiglio ?
“E’ difficile rispondere e generalizzare - sorride la
Tromellini - Anche perché forse la prima regola è proprio quella dell’attenzione :
osservare molto il bambino, perché ognuno è diverso dall’altro. Ognuno ride o
piange per cose diverse, quindi non ci sono ricette e schemi validi per tutti. E
comunque distinguerei il discorso per gli educatori da quello per le
famiglie...”
E quindi ?
“Ai primi indicherei la nostra esperienza, basata su alcuni
punti irrinunciabili, oltre che su un aggiornamento continuo. La condivisione,
e cioè un progetto-bimbo complessivo, che coinvolga scuola, territorio,
famiglia ; e poi la grande fiducia nella mente, nel’intelligenza, nella
creatività e curiosità del bimbo. Si discute e si verifica tutto quello che avviene
nel suo mondo”
E per i genitori ?
“Non mettere i figli al centro dei consumi, ma del proprio
tempo. I padri (e ora anche le madri) lavorano sempre di più, spesso proprio perché
si preoccupano di soddisfare acquisti sempre più esigenti. Invece i bimbi
chiedono tempo. Almeno nei primi anni. Bisogna reimparare a ‘perdere tempo’ con
loro. Spendere in questo, più che negli zainetti firmati. E devo dire che
qualcuno, ma soprattutto i loro piccoli, comincia a capirlo...”
E all’asilo, conclude, con o senza denti, sono loro quelli
che sorridono di più.
Rita
Guidi
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